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POLIZIANO, Stanze, I, 119-123

Traduzione da: Angelo Poliziano, Stanze, in Stanze, Orfeo, Rime, introduzione di D. Puccini, Garzanti, Milano 1992

 

Intorno al bel lavor serpeggia acanto,

di rose e mirti e lieti fior contesto,

con varii augei sì fatti, che il lor canto

pare udir nelli orecchi manifesto:

né d’altro si pregiò Vulcan mai tanto,

né’l vero stesso ha più del ver che questo;

e quanto l’arte intra sé non comprende,

la mente imaginando chiaro intende.

 

Questo è ‘l loco che tanto a Venere piacque,

a Vener bella, alla madre d’Amore;

qui l’arcier frodolente prima nacque

che spesso fa cangiar voglia e colore,

quel che soggioga il ciel, la terra e l’acque,

che tende alli occhi reti e prende il core,

dolce il sembianti, in atti acerbo e fello,

giovene nudo, faretrato augello.

 

Or poi ad ale tese ivi pervenne,

forte le scosse, e giù calossi a piombo,

tutto serrato nelle sacre penne,

come a suo nido fa lieto colombo:

l’aier ferzato assai stagion ritenne

della pennuta striscia il forte rombo:

ivi racquete le trïunfante ale,

superbamente inver la madre sale.

 

Trovolla assisa in letto fuor del lembo,

pur mo’ di Marte sciolta dalle braccia,

il qual roverso li giacea el grembo,

pascendo gli occhi pur della sua faccia:

di rose sovra a lor pioveva un nembo

per rinnoarli all’amorosa traccia;

ma Vener dava a lui con voglie pronte

mille baci negli occhi e nella fronte.

 

Sovra e d’intorno i piccioleti Amori

Scherzavon nudi or qua or là volando:

e qual con ali di mille colori

giva le sparte rose ventilando,

qual la faretra empia de’ freschi fiori,

poi sovra il letto la venia versando,

qual la cadente nuvola rompea

fermo in su l’ale, e poi giù la scotea:

 

come avea delle penne dato un crollo,

così l’erranti rose eron riprese:

nessun del vaneggiar era satollo;

quando apparve Cupido ad ale tese,

ansando tutto, e di sua madre al collo

gittossi, e pur co’ vanni el cor li accese,

allegro in vista, esì lasso ch’a pena

potea ben, per parlar, riprender lena.

 

- Onde vien, figliolo, o qual n’apporti nuove?-

Vener li disse, e lo baciò nel volto:

- Onde esto tuo sudor? Qual fatte hai pruove?

Qual dio, qual uomo hai ne’ tuo lacci involto?

Fai tu di nuovo in Tiro mugjiar Giove?

O Saturno ringhiar per Pelio folto?

Che che ciò sia, non umil cosa parmi

O figlio, o sola mia potenzia et armi.