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MARSILIO FICINO, El libro dell’amore

Traduzione da: Marsilio Ficino, El libro dell’amore, a cura di S. Niccoli, Leo S. Olschi, Firenze 1987

 

II, 7, Di due generationi d’amore e di due Venere

Ora disputeremo brievemente di dua generationi d’amori. Pausania appresso di Platone afferma lo amore esser compagno di Venere, e tanti esser gli amori quante sono le Venere, e racconta due Venere da due amori acccompagnate: l’una Venere celeste l’altra vulgare; e la celeste esser nata da Celio senza madre, la volgare nata di Giove e Dione. E platonici chiamano el sommo Iddio Celio, perché come el cielo contiene tutti gli altri corpi, così Idio tutti gli altri spiriti. E chiamano la mente angelica per più nomi: alle volte Saturno, alle volte Giove, altra volta Venere, perché la mente angelica è e vive e intende, sì che la sua essentia chiamano Saturno, la vita Giove, la intelligentia Venere. Oltre ad questo l’anima del mondo la chiamano similmente Saturno, Give e Venere: in quanto ella intende le cose superne s’appella Saturno, in quanto muove e cieli Giove, in quanto genera le cose inferiori s’appella Venere. La prima Venere che abbiamo nominata, che è nella mente angelica, si dice esser nata di Celio senza madre, perché la materia da’ fisici è chiamata madre, e quella mente è aliena dalla corporale materia. La seconda Venere, che nell’anima del mondo si pone, di Giove e di Dione è generata: di Giove cioè di quella virtù dell’anima mondana, la qual virtù muove e cieli, imperò che tal virtù ha creato quella potentia che le cose inferiori genera; dicono ancora questa Venere avere madre, per cagione che, essendo ella infusa nella materia del mondo, pare che con la materia s’accompagni. Finalmente, per arrecare in somma, Venere è di dua ragioni: una è quella intelligentia la quale nella mente angelica ponemmo; l’altra è la forza del generare all’anima del mondo attribuita. L’una e l’altra ha l’amore simile ad sé compagno. Perché la prima per amore naturale ad considerare la bellezza di Dio è rapita, la seconda è rapita ancora pe’l suo amore ad creare la divina bellezza ne’ corpi mondani. La prima abbraccia prima in sé lo splendore divino, dipoi diffunde questo alla seconda Venere; questa seconda transfonde nella materia del mondo le scintille tutti e corpi del mondo, secondo sua capacità, risultano belli. Questa bellezza de’ corpi la’nimo dell’huomo apprende per gli occhi, e questo animo ha du potentie in sé, la ptentia del cognoscere e la potentia del generare: queste due potentie sono in noi due Venere, la quale da due amori sono accompagnate. Quando la bellezza del corpo humano si rappresenta agli occhi nostri, la nostra mente, la quale è in noi la prima Venere, ha in reverentia e in amore detta bellezza come imagine dell’ornamento divino, e per questa ad quello spesse volte si desta. Oltr’ad questo la potentia del generare, che è Venere in noi seconda, appetisce di generare una forma a questa simile. Adunque in amendua queste potentie è l’more, el quale nella prima è desiderio di contemplare, nella seconda è desiderio di generare bellezza. L’uno e l’altro amore è onesto, seguitando l’uno e l’atro divina imagine. Or che è quello che Pausania nello amore vitupera? Io ve’l dirò. Se alcuno per grande avidità di generare postpone el contemplare, o veramente attende alla generationeper modi indebiti, o veramente antepone la pulcritudine del corpo a quella dell’animo, costui non usa bene la dignità d’amore, e questo uso perverso è da Pausania vituperato. Certamente colui che usa rectamente l’amore loda la forma del corpo, me per mezzo di quella cogita una più excellente spetie nell’anima, nell’angelo e in Dio, e quella con più fervore desidera, e usa intanto l’ufficio della generatione in quanto l’ordine naturale e le leggi da’ prudenti poste ci dectano. Di queste cose tracta Pausania diffusamente.

 

V, 7, Delle virtù d’Amore

E quelle cose che Agatone tracta delle quattro virtù, sono poste pe significare la bontà dello Amore; e prima lo chiama “giusto”, perché dove è intero e vero amore, ivi è scambievole benivolentia la quale non patisce che si faccia ingiuria di fatti o villania di parole. Egli è tanto la forza di questa carità, che ella sola può conservare la generatine humana in tranquilla pace; e questo non può fare la prudentia, fortezza, forza d’arme o di legge o di eloquentia, se già la benivolentia non l’aiuta. Chiamalo dipoi “temperato”, perché egli doma le cupidità disoneste; e questo è che, cercando l’amore essa bellezza, la qual consiste in uno certo ordine e temperantia, egli ha in odio le vili e immoderate concupiscientie, e fugge sempre e gesti che sono honesti; la qual cosa da principio la tractò Giovanni assai. Ancora doe regna l’amore, tutte l’altre cupidità si sprezzano.

Aggiunse “fortissimo”, imperò che nessuna cosa è più forte che l’audacia, e nessuno con più audacia combatte che l’amatore per lo amato. Agli altri iddii, cioè agli altri pianeti, Marte è superiore di fortezza, perché egli fa gli huomini più forti. Venere doma Marte, imperò che quando Marte nella natività dello huomo signoreggia, dona magnanimità e iracundia, e se Venere proximamente vi si aggiunge, benché non impedisca la magnanimità da Marte concessa, nientedimeno raffrena el vitio della iracundia, ove pare che, facendo Marte più clemente, lo domi. Ma Marte non doma mai Venere, perché Venere, se tiene la signoria della naticità dello huomo, concede affecto d’amore, e se Marte proximamente vi s’aggiungne, fa con la caldezza sua lo impeto di Venere più ardente. In modo che, se nascendo uno, Marte di ritruova nella casa di Venere, come è Libra e Tauro, colui che nasce, per la presentia di Marte, sarà sottoporto molto alle fiamme d’amore. Marte ancora seguita Venere, Venere non seguita Marte, imperò che l’audacia seguita l’amore e l’amore non seguita l’audacia, perché gli huomini non s’innamorano proprio per lo essere audaci, ma spesse volte, per essere feriti da amore, diventano audacissimi ad qualunque pericolo per la persona amata. Finalmente el segno manifestissimo della singulare fortezza dello amore è questo: che tutte le cose ubbidiscono a llui e egli a nessuna. Imperò che gli abitatori del cielo amano, e amano gli animali, e amano tutti e corpi, gli huomini ricchi e re potenti soggiogano el collo allo imperio d’amore, ma l’amore a nessuno di costoro si sottomette; perché e doni de’ ricchi non comperano l’amore, e minacci e le vilenteie de’ potenti non ci possono constringere che incominciano amare o dallo amore ci dipartiamo.