Vulfr06

1522

NICCOLO DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa, IV

Traduzione da: Niccolò Degli Agostini, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral al verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoratio, Venezia 1522

 

Di Venere e Marte

Domo hebbe la sua fabula narrata

alchithoe, silentio al suo dirmisse

alhor leucotheo con voce ornata

a me tocca la mia ridendo disse

e solo perche la tua damor estata

cosi sara la mia, dopo le affisse

senza filar con soave loquella

per narrar lamorosa sua novella

 

Poi comincio vedete questo sole

che illustra il mondo con sil suo splendore

tempo fugia che senza dir parole

fu preso anchora lui dardente amore

e perch in ogni parte egli entrar suole

col suo celeste, et lucido splendore

chel tutto vede, un di vide abraciati

venere, et Marte idei tanto nomati

 

Onde per questo fu turbato molto

e senza indugia da vulcano andoe

e rivellosi quel che li era occolto

perche il fallo di venus gli narroe

il qual udendo si cangio nel volto

e pr il duol il martel li cascoe

udendo da la moglie mal trattarsi

e se delibero de vendicarsi

 

Et comincio poi diligentemente

una rete di Acaio a fabricare

e di adamante, tanto sortilmente

che con aragnie haria potuto stare

e con quella nando secretamente

dove gli amanti solea solazzare

et giacerli trovo sun ricco letto

e con la rete iprese alor dispetto

 

Da poscia convoco tutti gli dei

che venissero a veder quelli amanti

legati insieme con tormenti rei

iquai come fur giunti a lor davanti

per falli di costei

conoscer veramente a tutti quanti

Vulcano irato le finsetre apperse

e le sue insidie a tutti discoperse

 

Gli dei quando chevidero abracciati

Venere, e Marte sopra di quel letto

e da la rete ben stretti, elegati

a rider comincior senza rispetto

e come fur da lor ben vergognati

Vulcan fu tanto da preghi constretto

del dio Nettuno chal fin li disciolse

e puote girogniun dove egli vuolse.

 

Allegoria di Marte e Venus

La Allegoria di Marte et Venus, dice Ovidio che Marte gicque con Vens. Marte fu Dio delle battaglie. Questo e l combattimento il quale fa la carne con la ragione, laqual carne, molestata dalla libidine si conduce abracciata con Venus cioe con la lusuria il sole cioe il vero intendimento raporta questo fallo a Vulcano, cioe alla sensualita e consientia, la quale per vergogna esse disse e abandona ogni altra cura e congrega tutti li Dei, cioe che si confessa de tutti li suoi errori a Dio, nel quale coniste ogni divinitia, e die che a costoro fu perdonato, che se intende che chi si confessa a Dio delli suoi commessi peccati, et che di quelli habbi vergogna e dolore da quello li e perdonato dil che li savii se ne allegrano et rideno e fannosi beffe del peccato con presuposito de non risonar piu a commeterlo.