55: Giove, Semele e la nascita di Bacco

Titolo dell'opera: Giove e Semele

Autore: Giovanni Antonio Rusconi (ca. 1520-1587)

Datazione: 1553

Collocazione: Le Trasformationi di m. Lodovico Dolce di novo ristampate e da lui ricorrette et in diversi luoghi ampliate con la tavola delle favole, In Venetia, appresso Gabriel Giolito dè Ferrari, 1553

Committenza: xilografia realizzata per l'edizione veneziana (1553) de Le Trasformationi di Lodovico Dolce per Gabriel Giolito de’ Ferrari

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Giove tira fuori Bacco dalla pancia di Semele

Soggetto secondario:

Personaggi: Giove, Semele, Bacco bambino

Attributi: fiamme (Giove)

Contesto: ambiente interno

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia Panofsky E., Problem in Titian, mostly iconographic, Phaidon, London 1969, p. 160; Campologno E., I miti ovidiani nella ceramica istoriata del XVI secolo, in Problemi teorici e Proposte iconologiche. Il mito di Diana nella cultura umanistica, Il Bagatto, Roma 1991,, pp. 83-84; Cieri Via C., Il mito di Diana nell’interpretazione di Tiziano, in Problemi teorici e Proposte iconologiche. Il mito di Diana nella cultura umanistica, Il Bagatto, Roma 1991, pp. 95-96; Güthmuller B., Mito, Poesia, Arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma 1997, pp. 67, 78-80, 125-128, 130-133, 248, 251-274.

Annotazioni redazionali: Guthmuller (1997) ci racconta che pochi giorni dopo la pubblicazione delle Trasformazioni di Ludovico Dolce, stampate a Venezia nel 1553 presso Gabriele Giolito de’ Ferrari ed illustrate da Giovanni Antonio Rusconi, Girolamo Ruscelli, anch’egli letterato, stroncò senza leggerezza la lingua, lo stile e gli errori commessi dal collega nel suo rifacimento delle Metamorfosi ovidiane e, nel salvare soltanto l’operato dell’autore delle immagini, ce ne restituisce fortunatamente il nome. Giovanni Antonimo Rusconi, autore delle 85 xilografie divise in trenta canti, per le quali prese ispirazione, tanto dalle 53 illustrazioni dell’Ovidio Metamorphoseos vulgare del 1497 quanto dalle 72 dell’Ovidio Metamorhoseos in verso vulgar di Niccolò degli Agostini del 1522. Proprio a causa delle numerose critiche, il Dolce volle apportare dei cambiamenti, alcuni dei quali riguardavano anche l’apparato iconografico, che poi rimase invariato fino al 1561. Il ciclo venne ristampato sul finire del Seicento e per più di mezzo secolo servì come modello per le illustrazioni delle Metamorfosi in Italia. Rusconi assunse diversi atteggiamenti nei confronti degli episodi dell’opera: con alcuni fu fedelissimo alle indicazioni suggerite dal Dolce; con altri non guarderà all’opera di Dolce, ma a quelle precedenti di Bonsignori (opera in prosa del 1375-1377 ma stampata nel 1497) e Agostini (1522), per altre ancora creò personalissime rielaborazioni. In realtà l’opera di Dolce avrebbe dovuto anticipare l’uscita dell’edizione delle Metamorfosi dell’Anguillara (1554) prevista per l’anno successivo, per cui è molto probabile che le incisioni fossero state commissionate al Rusconi da Giolito ancora prima della scrittura del testo da parte di Lodovico. Dolce decise di rivedere la sua traduzione, ripubblicandola in un’edizione aggiornata ed ampliata e accompagnando la rivisitazione del testo ridusse anche le 94 xilografie originarie: furono eliminate le illustrazioni bibliche, le incisioni usate due volte e venne migliorato il rapporto tra testo e immagine. L’innovazione principale di Rusconi sta nel fatto di aver eliminato la rappresentazione simultanea in cui, in un’unica xilografia, si raffiguravano più episodi del mito e nell’aver cercato sinteticamente di rappresentare il momento saliente. Nella xilografia con l’episodio di Giove e Semele rintracciamo immediatamente il debito con Agostini e Bonsignori, debito che Dolce sconta anche nel testo. Tutti e tre gli autori infatti descrivono la scena come è rappresentata nell’immagine: Giove scende su Semele prendendo saette, venti e tuoni cercando di temperarle e così armato scese dal cielo nella camera della fanciulla, dove all’impatto col dio tutto arse. Alcune annotazioni però evidenziano un debito maggiore con l’opera di Agostini perché egli è l’unico a dire che il dio la mise” sopra un rezzo/e senza troppo indugia si procaccia/et con le man il ventre i apri per mezzo/e piglio il figlio e in corpo a se lo caccia” (Semfr03). Ed è esattamente in questo momento che Rusconi coglie Giove (Cfr. scheda opera 63): tutt’intorno a lui fiamme, Semele morta e distesa mentre l’amante le apre il ventre con le mani e tira fuori il bambino. La rappresentazione è simile a quella delle contemporanee raffigurazioni tratte da testi di Medicina che raffigurano parti cesarei e esempi di estrazioni di feto dal ventre delle madri già decedute. In alcune fonti non è però il sovrano a compiere il gesto del tagliare la pancia ma Ermes (Semfc31).  Nessuna traccia del fulmine minore che soltanto Dolce cita e niente ci indica se il padre finirà la gestazione del figlio nel ventre (Semfm13, Semfr03) oppure nella coscia (Dolce, seguendo Ovidio: Semfr05). La connessione più stretta con l’opera di Agostini conferma la sostanziale autonomia dell’incisore rispetto al testo di cui le sue immagini erano corredo.

Francesca Pagliaro