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1375-1377

GIOVANNI de’ BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos vulgare, cap.VIII, IX, X

Testo tratto da: ledizione critica a cura di Ardissimo E., Bologna, 2001

Come Semele fu odiata da Giuno. Capitulo VIII.Madonna Giuno de questo fatto se ontentava assai, non perché fosse giusto né ingiusto ma perché odiava tutti queli del sangue tebano ed anco della parentela del sangue de Agenore perciò che Europa era giaciuta con Giove. Ma agrandose così, li sopravvenne una grande tristizia perciò che la sorella de Autonoe era stata violata ed ingravedata da Giove. Questa fu Semel, de cui nacque Baco, e odendo questo, Giunone incominciò a scongiurare Giove; ma vedendo che lla scongiurazione non valea, iurò che se mai non dovesse essere regina del cielo o figliola de Saturno che de Semele faria vendetta. La quale Semele non solo era stata contenta de giacere con Giove, ma de lui era gravida, la qual cosa non eramai scontrata più a Giunone se non doi volte, cioè quando che ingenerò Vulcano ed Ebe, femina. Allora discese madonna Giuno in una nuvola, e prima che ella uscisse della nuvola, sì se convertì in una vecchia la qual fu chiamata Beroe.

Come Giunone venne a Semele in formade Beroe , baila de Semele. Capitolo IX 

La dea Giuno venne a Semele trasformata in forma de Beroe, baila de Semele, e come fu in casa sì la salutò; ed avendo ditte più parole , disse Giuno: “Figliola mia, tu me pari che si’ gravida; e che vul dir questo?” Respuse Semele: “Dolce nutrice mia, non contristare perciò che io sono gravida de Giove”. Allora forte sospirò, ma Semle li disse: “Baila mia, e che avete voi?” Respuse Giuno: “figliola mia, io io saria molto contenta se tu fossi gravida de Giove, ma io dubito che non sia vero, perciò che molti giovani con le loro incantazioni se trasformano in forma di Giove, e nondimeno non sono, e sotto quella speranza, sì ne ‘ngannano molte. Ma vuoli tu ch’io faccia si che te ne sarai certa?” respuse Semele e disse: “Si ch’io voglio”. “Farrai così: quando Giove verrà a te, dilli che tu vuoli ch’ ello te faccia un dono; e prima che tu li dichi, falli giurare ch’elli el farà; e quando elli l’avrà giurato , sì li dì ch’ello venga ed usi con teco in quella divinitàcon la quale ello usa con Giuno sua moglie, ed allora saprai se ello è veramente Giove”. E ditto questo, Giuno se partì ed a Semele parea mille anni che Giove venisse. Stando alcuno dì Giove venne a Semele, a cui Semele disse: “Signor mio, io vi domando uno dono”; respuse Giove: “Domanda ciò che tu vuoli”. Disse Semele: “Io voglio che tu me lo prometti con sacramento”; respuse Giove: “Io te lo giuro per la Stige palude, cioè per le fiumi infernali, che io te farrò ciò che tu domandi”. Disse Semele “Io voglio che tu venghi a me come tu vai a Giunone, quando tu vuoli giacere con lei” E fin ch’ella dicea così, Giove li volse chiuder la bocca, ma non fu sì vaccio accorto che bastasse, perciò ch’ella fornì de dire, sì che non potea essere che non fosse ditto e non potea essere che non l’avesse promesso. Allora Giove, molto adirato, se partì e andò in cielo.

Come Giove arse Semele e la sua casa. Capitulo X.

Si come Giove fu andato in cielo prese la sua divinità e le saette ineffabili, cioè che non se porria numerare la loro quantità e le loro bellezze, e prese i venti ed i toni, ma impertanto le temperò quanto più potette e discese alla casa de Semele. Quando Semele vidde questo, state un poco, fu accesa dal foco ed arsa ella con tutta la casa. Vedendo Giove questo, si la tagliò per mezzo e tolse el figliolo ch’ella avea in corpo, cioè Baco, e miselo in corpo a sé, tanto el tenne che ‘l tempo fu de partorirlo. Poi come venne el tempo, Giove partorì Baco e diedero a Ino, la quale el nutricò, poi el diede alle ninfe, le quel stanno recontra i monti, le quali el nutricaro col latte loro; e, fatto questo, Giove salìo in cielo.

Allegoria e terza trasmutazione de Semele. Segnata per C.

La terza allegoria è de Semele Per Semele intendo la vite, la qual produce l’uva, e così in grammatica greca è nominata. Per Giove, el quel giacque con lei engravedòla, d euci nacque Baco, cioè s’entande l’influenza superceleste che impregna la vite del vino. Per Giunone persuadente Semele che chiede Giove in propria forma s’entende che Giuno, cioè la influenza de l’aire, la qual nutrica la vite e le l’altre cose fine a l’agosto. Per Giove, el quale fulminò Semele, intendese l’ardore del sollione, il quel consuma tutto l’umore el quale è in terra; e dove dice che Giove se portò Bacco e nutricòlo del suo latte se intende che, poi ch’è consumato l’umore della terra, el seme dell’uva è nutricato dall’umor del cielo, cioè da Giove, el quale è ditto dio del cielo. Ma dove dice che Baco, cioè el vino, è dato a nutricare alle ninfe de l’acque vuol dire che ‘l vino de’ essere nutricato dall’acque , acciò che così temperato non possa nociare alla gente. Ma dice che prima el diede a Ino, ciò s’entende l’aire, el quel dà l’oraggio e la temperanza a tutte le cose superflue. Trattato della dea Giuno. Capitulo XX. Libro IV . Da poi che da queste tre donne furono mutate in nottule, dice Ovidio che lo dio Baco fu molto auto in referenza dai Tebani e specialmente da madonna Ino, figliuola de Cadmo e sorella de Semele, madre de Baco