34: Giove e Europa

Titolo: Europa sul toro

Autore: Andrea Briosco, detto il Riccio (1470 circa - 1532), o cerchia di

Datazione: 1500 ca.

Collocazione: Budapest, Szépmûvészeti Museum

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: tuttotondo in bronzo (h 18,2 cm)

Soggetto principale: Europa si dimena sul dorso del toro

Soggetto secondario:

Personaggi: Europa, Giove (sotto forma di toro)

Attributi: Toro (Europa)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagine:http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/riccio/index.html

Bibliografia: Krahn V. (a cura di), Von allen Seiten schon: Bronzen der Renaissance und des Barock, Catalogo della mostra (Berlino 1995) Heidelberg 1995; Duby G. e Laclotte M., Histoire artistique de l’Europe: La renaissance, Seuil 1996 p. 146; Acidini Luchinat C. (a cura di)Il mito di Europa: da fanciulla rapita e continente, Catalogo della mostra (Firenze, 2002) Giunti, Firenze 2002, p. 218; Bacchi A. e Giacomelli T. (a cura di), Rinascimento e passione per l’antico: Andrea Riccio e il suo tempo, Catalogo della Mostra (Trento, 2008), Printer, Trento 2008 pp. 77-83, 316-317.

Annotazioni redazionali: Questo bronzetto è attribuito ad Andrea Brioso detto il Riccio, o ad un’artista della sua cerchia che, per la finezza esecutiva delle due figure fuse separatamente che compongono il bronzetto (la giovane Europa e Giove nelle sembianze di un toro), doveva avere avuto una formazione da orafo. La scultura, dal punto di vista iconografico, è un unicum: nessuna altra opera d’arte, contemporanea e non, rappresenta il mito in modo così drammatico e violento. Sarebbe, infatti, difficile riconoscere nella fanciulla che agita le braccia e spalanca la bocca gridando e aggredendo il toro la giovane Europa, senza ricorrere alla particolare versione del mito proposta da Orazio in uno dei suoi Carmina (Libro II, ode XXVII) (Eurfc06). Il poeta descrive la fanciulla che, dopo essere stata rapita e portata a Creta da Giove, deplora l’inganno del Dio, ancora in sembianze taurine, e minaccia di rompergli le corna con un’arma, presente in origine anche nel bronzetto in analisi ed oggi scomparsa. L’autore sceglie, quindi, di riprendere una fonte letteraria e, soprattutto, un momento della storia del mito poco seguito dalla tradizione figurativa che gli permette di conferire all’opera uno spiccato dinamismo e una violenza particolarmente evidente (si veda il toro che, in seguito alle invettive della ragazza, inarca ferocemente collo e muso e la patetica espressione di Europa). Elementi, questi, tipici di tutte le opere del Riccio caratterizzate, inoltre, da un’invenzione sempre originalissima (si pensi che, ancora decenni dopo la sua morte, i suoi seguaci continuarono a ripetere e a variare le sue composizioni). Nonostante l’attribuzione ad Andrea Briosco sia ormai sostenuta dalla maggior parte degli studiosi (il primo a proporre tale tesi fu Jolàn Balagh nel 1928), l’opera per le somiglianze con l’Acate di Berlino, quali la lunga veste indossata dalla fanciulla, l’acconciatura, e il piede appuntito, potrebbe appartenere al catalogo dell’autore di quest’ultima: un anonimo scultore dell’Italia settentrionale dell’inizio del 500. Tesi che sembrerebbe confermata anche dal fatto che due sculture molto simili ai due bronzetti sono citate nell’inventario del 1552 di Marcantonio Michiel. Nelle loro descrizioni, però, non compare il nome dello scultore. Poiché è impossibile pensare che si fosse già persa la memoria di un autore così noto quale Andrea Briosco, a soli vent’anni dalla sua morte, è probabile che le due opere appartenenti al Michiel, identificabili con l’Acate di Berlino e con l’Europa sul Toro qui in analisi, non siano creazioni del Riccio.  

Flaminia Conti