Tirfc04

I-II sec. d.C.

APOLLODORO, Biblioteca, 3, 6, 7

Traduzione da: http://xoomer.virgilio.it/novaphilae/Biblioteca%201.htm

A Tebe viveva l’indovino Tiresia, figlio di Evere e della Ninfa Cariclo – della famiglia di Udeo, uno degli Sparti – che era cieco. Di come subì questa menomazione e di come acquistò la facoltà profetica, si raccontano storie diverse. Alcuni infatti sostengono che Tiresia fu accecato dagli Dèi, quando rivelò agli uomini cose che essi volevano tenere segrete; ma Ferecide dice che fu accecato da Atena. Al tempo in cui Cariclo era la prediletta di Atena, Tiresia vide la Dea tutta nuda; Atena allora gli pose le mani sugli occhi e lo rese cieco. Cariclo implorò la Dea di rendere la vista a suo figlio, ma ormai era impossibile: in compenso Atena gli lavò le orecchie, e questo gli permise di capire tutte le voci degli uccelli; poi gli diede un bastone di corniolo, con il quale camminare come se ci vedesse. Esiodo racconta invece che un giorno Tiresia vide sul monte Cilene due serpenti che si aggrovigliavano in amore: li ferì, e da uomo che era divenne donna, ma poi, avendo visto una seconda volta gli stessi serpenti aggrovigliati in amore, di nuovo ritornò uomo. Una volta Zeus ed Era discutevano se nell’amore fosse più grande il piacere dell’uomo o della donna, e lasciarono a Tiresia la decisione. E Tiresia disse che, dividendo in dieci il piacere dell’amore, l’uomo godeva uno e la donna nove. E per questo Era lo accecò, e Zeus gli donò in cambio il potere profetico. “Così disse Tiresia a Zeus e a Era: di dieci parti, l’uomo ne gode una sola, ma la donna nel piacere del suo cuore arriva a dieci.” E Tiresia visse fino a tardissima età.