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2-8 d.C.

OVIDIO, Metamorfosi, III, 316-338

Traduzione da: http://www.miti3000.it/mito/biblio/metamorfosi.htm

 

Mentre in terra avvenivano per volere del fato queste cose

e l'infanzia di Bacco, tornato a nascere, scorreva tranquilla,

si racconta che, reso espansivo dal nèttare, per caso Giove

bandisse i suoi assilli, mettendosi piacevolmente a scherzare

con la sorridente Giunone. "Il piacere che provate voi donne",

le disse, "è certamente maggiore di quello che provano i maschi."

Lei contesta. Decisero di sentire allora il parere

di Tiresia, che per pratica conosceva l'uno e l'altro amore.

Con un colpo di bastone aveva infatti interrotto

in una selva verdeggiante il connubio di due grossi serpenti,

e divenuto per miracolo da uomo femmina, rimase

tale per sette autunni. All'ottavo rivedendoli nuovamente:

"Se il colpirvi ha tanto potere di cambiare", disse,

"nel suo contrario la natura di chi vi colpisce,

vi batterò ancora!". E percossi un'altra volta quei serpenti,

gli tornò il primitivo aspetto, la figura con cui era nato.

E costui, scelto come arbitro in quella divertente contesa,

conferma la tesi di Giove. Più del giusto e del dovuto al caso,

a quanto si dice, s'impermalì la figlia di Saturno e gli occhi

di chi le aveva dato torto condannò a eterna tenebra.

Ma il padre onnipotente (giacché nessun dio può annullare

ciò che un altro dio ha fatto), in cambio della vista perduta,

gli diede scienza del futuro, alleviando la pena con l'onore.

Così, diventato famosissimo nelle città dell'Aonia,

Tiresia dava responsi inconfutabili a chi lo consultava.