04: Sibilla

Titolo dell'opera: Apollo e la Sibilla Cumana

Autore: Jean Jouvenet

Datazione: 1681-1684 circa

Collocazione: Parigi, Coll. Schnapper. Già nell’hôtel de Saint-Pouange a Parigi, nel 1776 venne venduto dal marchese Chabannais. Nel 1809 era di proprietà del gran duca di Hesse Darmstadt; nel 1920 venne venduto a Cologne chez Lampertz; quindi si ritrova in diverse vendite pubbliche, fino a quando non entrò nella Coll. Schnapper. 

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela, 174x125 cm

Soggetto principale: *

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Sibilla Cumana, il Tempo

Attributi: corona di alloro (Apollo), lira (Apollo), granelli di sabbia nel palmo della mano (Sibilla), ali (il Tempo), falce (il Tempo), clessidra con le ali (il Tempo)

Contesto: interno, forse del tempio di Apollo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: A. Schnapper, Jean Jouvenet et la peinture d’histoire à Paris, Parigi 1974, fig. 15

Bibliografia: A. Pigler, Barockthemen, Budapest 1956, II, p. 38;A. Schnapper, Jean Jouvenet et la peinture d’histoire à Paris, Parigi 1974, p. 187;J. Davidson Reid-C. Rohmann, The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 181

Annotazioni redazionali: Il dipinto a soggetto mitologico ha per protagonista la Sibilla Cumana, la cui storia viene da lei stessa narrata ad Enea nelle Metamorfosi di Ovidio(libro XIV, vv. 130-153). Enea infatti si era recato a Cuma, per poter discendere negli Inferi con il suo aiuto e, dal momento che la Sibilla aveva esaudito il suo desiderio, Enea le aveva promesso, per ringraziarla, di erigerle un tempio, tuttavia la Sibilla a questo punto gli aveva rivelato di non essere una dea, e che tuttavia avrebbe potuto esserlo, se solo avesse voluto. Racconta infatti che un tempo Apollo si innamorò di lei e, affinché acconsentisse ad unirsi a lui, le promise che avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio. La Sibilla, allora giovane e bella sacerdotessa del dio, senza pensare a lungo, prese dal terreno una manciata di sabbia e chiese al dio di poter vivere tanti anni quanti erano i granelli nella sua mano. Jouvenet ci mostra infatti la Sibilla su di una specie di inginocchiatoio, all’interno del tempio di cui era sacerdotessa, dove cioè svelava i responsi di Apollo, che, con della sabbia in mano, si rivolge al dio appena comparso su delle nuvole, caratterizzato dalla corona d’alloro e dalla lira nella mano destra. Il dio sembra puntare il dito sinistro, con fare minaccioso, verso la fanciulla, come a volerla ammonire riguardo ciò che ha chiesto, ed in questo senso è anche particolarmente interessante la presenza, subito sopra i due, del Tempo, caratterizzato come un vecchio con le ali, la falce e la clessidra, anch’essa alata. Ora la presenza di questa figura e l’atteggiamento di Apollo possono essere spiegati prendendo in considerazione la traduzione in volgare, in ottava rima, delle Metamorfosi realizzata da Giovanni Andrea dell’Anguillara, la cui prima edizione venne stampata a Venezia nel 1561, ma che conobbe diverse ristampe anche nel corso del Seicento. Nel raccontare la sua vicenda la Sibilla nel testo di Anguillara afferma che, dopo aver espresso il desiderio, Apollo si rivolse a lei dicendole “Habbi pietà de’ miei noiosi affanni,/ che la gratia, c’hai chiesta è breva, e nulla:/ ma quando riparar voglia à miei danni,/ farò che tu vivrai sempre fanciulla./ Quando sarai discosta oltr’à cent’anni/ dal primo dì, ch’entrassi nella culla,/ se ben la mia promessa io terrò ferma/ vecchia vivrai, disutile, et inferma.//”. La Sibilla narra invece ad Enea che, essendo allora nel fiore negli anni, credeva che la sua giovinezza sarebbe durata in eterno, perciò rifiutò definitivamente di concedersi ad Apollo, ed il dio esaudì il suo desiderio così come lei lo aveva espresso. Per questo motivo, perché cioè non aveva chiesto anche la giovinezza, quando Enea la incontrò era così vecchia, perché era vissuta già settecento anni, e continuava ad invecchiare lentamente. Questo particolare di Apollo, che si rivolge alla Sibilla dicendole che il suo desiderio sarebbe stato veramente completo solo nel momento in cui avesse chiesto anche la giovinezza eterna, e si offre di concederle anche quella, qualora lei decida finalmente di unirsi a lui, non è presente nell’originale ovidiano, e tuttavia sembra riflettersi in qualche modo nel dipinto di Jouvenet. Con ciò non si vuole affermare che il testo di Anguillara costituisca la fonte diretta dell’opera, è comunque possibile che il pittore fosse a conoscenza di questa variante del mito. Così si può spiegare anche la presenza del Tempo che incombe sulla fanciulla a ricordarle come il dio potrà anche concederle di vivere tanti anni, ma il trascorrere di questi la consumerà fino a che di lei rimarrà soltanto voce, se non avrà anche la giovinezza eterna.  

Elisa Saviani