01: Sibilla

Titolo dell'opera: Apollo e la Sibilla Cumana

Autore: Salvator Rosa (firmato in basso a destra)

Datazione: 1655-1661. Citato nell’ inventario della Coll. del Cardinal Mazzarino del 1684, perciò si suppone che il dipinto sia anteriore al 1661, anno della morte del Cardinale, che doveva averlo acquistato personalmente.

Collocazione: Londra, Wallace Collection. Nel 1767 era di proprietà de Julienne, in seguito nella raccolta di Lord Ashburham, donde nel 1850 passò in quella del marchese di Hartford.

Committenza:

Tipologia: dipinto 

Tecnica: olio su tela, 171x258 cm

Soggetto principale: *

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Sibilla Cumana, due figure femminili (Muse ?), pescatori (?)

Attributi: lira (Apollo), capelli lunghi (Apollo), turbante (Sibilla), mucchietto di sabbia che si versa dal palmo semiaperto verso l’ alto (Sibilla)

Contesto: piccola baia di mare

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: J. Scott, Salvator Rosa, his life and times, New Haven-Londra 1995, tav.

Bibliografia: A. Pigler, Barockthemen, Budapest 1956, II, p. 38; L. Salerno, Salvator Rosa, Milano 1963, p.134-135;R. A. Cecil, Apollo and the Sibil of Cumae, in «Apollo», LXXXI (1965), n.40, pp. 464-469; L’ opera completa di Salvator Rosa, a cura di L. Salerno, Milano 1975, p. 95-96; J. Davidson Reid-C. Rohmann, The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 181; J. Scott, Salvator Rosa, his life and times, New Haven-Londra 1995, p. 207

Annotazioni redazionali: La scena è posta in una piccola baia di mare, è stato notato tuttavia come il Rosa non abbia cercato di riprodurre con fedeltà un luogo che pure aveva visitato e schizzato nella sua giovinezza, quando doveva aver visto il luogo reale di Cuma e la baia di Napoli. Ciò che colpisce è la resa di questa baia, la scelta dei colori: in primo piano il pittore contrappone la sponda sinistra illuminata, dove viene sottolineato il colore delle due betulle argentee, che formano una specie di croce di Sant’Andrea in quanto una sbattuta dal vento ha finito per appoggiarsi all’altra; con la sponda destra caratterizzata da un picco scuro in ombra, irto di alberi e coperto di una fitta vegetazione. Così mentre l’acqua della baia è scura perché riflette il colore delle rocce del picco al di sopra, in lontananza assume un colore verde pallido, dovuto alla presenza dei prati che lentamente degradano verso la riva, al di sopra di questi comunque si scorgono altri picchi e su uno di questi anche un castello. Inseriti in questo paesaggio quasi sublime, come se la natura volesse dimostrare così la sua grandezza, la sua potenza nei confronti dell’uomo, notiamo appunto dei piccoli personaggi, forse pescatori, sulla riva destra, mentre in primo piano, sulla riva sinistra, i protagonisti del mito, accompagnati da due figure femminili, forse due Muse, che parlano tra di loro, distratte ed incuranti di ciò che accade lì accanto. Apollo in parte coperto da un mantello color rosa, con i lunghi capelli mossi dal vento, è seduto su di un tronco tagliato, con il gomito sinistro sulla sua lira, la quale poggia sul tronco, mentre con il mano destra gesticola verso la Sibilla, come ammonendola. La Sibilla infatti avanza verso di lui, indossa un abito giallo, un mantello blu e bianco, ed ha in testa un turbante, tende la mano, con cui ha appena raccolto un mucchietto di sabbia da terra, al dio, il palmo è rivolto verso l’alto, così notiamo che in parte la sabbia ricade a terra, ma le rimangono comunque abbastanza grani per chiedere ad Apollo di poter vivere tanti anni quanti sono questi. Ovidio racconta infatti (Metamorfosi, XIV, vv. 130-153) che Apollo si era innamorato a tal punto della Sibilla, che per dimostrarle il suo amore ed ottenere i suoi favori, le aveva promesso di esaudire ogni suo desiderio, era stato così che la Sibilla gli aveva chiesto di poter vivere tanti anni quanti erano i grani di sabbia che aveva raccolto da terra, ma si era dimenticata però di chiedergli, perché il dono fosse perfetto, la giovinezza eterna. Tuttavia in una delle edizioni del Cinquecento delle Metamorfosi tradotte in italiano, quella in ottava rima di Giovanni Andrea dell’Anguillara (Venezia 1561), viene precisato, rispetto all’originale ovidiano, che Apollo, dopo aver acconsentito ad esaudire il desiderio della Sibilla, l’ammonì dicendole che aveva dimenticato di chiedergli anche la giovinezza eterna, ma lui le avrebbe concesso anche questa, se avesse finalmente ceduto ai suoi desideri. L’epilogo della vicenda però è lo stesso, dato che la Sibilla si era illusa che la sua giovinezza sarebbe durata per sempre e che non aveva voluto concedersi ad Apollo, il dio le diede appunto ciò che lei stessa aveva chiesto, ma questa cominciò ad invecchiare pian piano finché di lei non sarebbe rimasta che la voce. Quindi forse in dipendenza da una delle edizioni italiane delle Metamorfosi, ci sembra che nel dipinto del Rosa Apollo ammonisca la Sibilla, in riferimento al desiderio da lei espresso, forse promettendole quella giovinezza eterna, a cui lei inconsapevolmente rinuncerà.   

Elisa Saviani