23: Aci, Galatea e Polifemo

Titolo dell’opera: Polifemo

Autore: Giulio Romano

Datazione: 1528

Collocazione: Mantova, Palazzo del Te (sala di Psiche)

Committenza: Federico II Gonzaga

Tipologia:

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Polifemo

Soggetto secondario: Galatea, Aci

Personaggi: Polifemo, Aci, Galatea

Attributi: occhio, zampogna, bastone, orso (Polifemo), manto (Galatea)

Contesto: Paesaggio costiero con grotta

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Hartt F., Giulio Romano, Yale University Press, New Haven 1958; Verheyen E., The Palazzo del te in Mantua: Images of Love and Politics, Johns Hopkins University Press, Baltimore 1977; Carpeggiani P., Giulio Romano a Mantova, Sintesi, Mantova 1987; Oberhuber K., La sala di Psiche, in Giulio Romano, Electa, Catalogo della mostra Milano 1989, pp. 343-346; Salvy Gerard J., Giulio Romano, une maniere extravagante et moderne, Leagune, 1994; The Oxford guide to classical mythology in the arts 1500–1990, University Press, Oxford 1993; Belluzzi A., Palazzo te a Mantova, Franco Cosimo Panini editore, Roma 1998; De Romanis A., Mantova – Palazzo Te, Sala di Amore e Psiche, in L’arte delle Metamorfosi, Decorazioni mitologiche del Cinquecento, a cura di Cieri Via C., Lithos, Roma 2003, pp. 236-237.

Annotazioni redazionali: Federico II Gonzaga nel 1524 incarica Giulio Romano di costruire Palazzo Te. Il palazzo era stato concepito da Federico come luogo di incontro con l’amante Isabella Boschetti; in seguito assume un ruolo più importante divenendo un edificio di rappresentanza. L’affresco con Polifemo è situato sopra il caminetto della sala di Amore e Psiche che viene decorata da Giulio Romano e collaboratori tra il 1527 e il 1528. La figura di Polifemo è rappresentata in primo piano, seduto fra le rocce. Il busto è frontale con le gambe disposte in diagonale e il viso di profilo, il braccio sinistro è appoggiato ad una rupe e la mano impugna il bastone, mentre il braccio destro sostiene con la spalla la zampogna “silenziosa”. Sulla sinistra di Polifemo, in un angolo della roccia si scorge il muso di un cucciolo di orsa. Nell’angolo inferiore destro dell’affresco è raffigurato uno scorcio di mare dove sono seduti Aci e Galatea. La tradizione letteraria ripresa è quella che fa capo alle Metamorfosi di Ovidio dove viene ricordato che il Ciclope allevava per diletto di Galatea dei cuccioli di orsa, che dovevano giocare con la ninfa. Anche se l’immagine rappresentata da Giulio Romano ha molti più punti in comune con un testo rinascimentale, che si collega indirettamente alla tradizione ovidiana, ossia L’Ovidio Metamorphoseo vulgare di Giovanni Bonsignori. Nel testo di Bonsignori è descritta la riva “Ma quado io lo udie mi nascosi su una ripa”, che si trova rappresentata nell’affresco, dove si nasconde Galatea con Aci prima di essere scoperta da Polifemo “& allora guardando si mi vide nascosta dove io te ho dito: in quello luoco era Acis”. Inoltre Galatea nell’affresco non è rappresentata in braccio ad Aci, ma solo seduta accanto. Un particolare, quello di Galatea in grembo ad Aci, presente in Ovidio e non presente nel testo di Bonsignori. Il cucciolo di orsa all’interno della rappresentazione si collega al racconto di Ovidio ma anche a quello di Bonsignori col dono speciale di due cuccioli di orsa che Polifemo vuol donare a Galatea.

 Marisa Libertino