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BERCHORIUS, Ovidius moralizatus, reductorium morale liber XV, vol. II, p. 170:

Polifemo fu un gigante grandissimo, il quale era così forte che poteva sostenere un macigno. Aveva i peli della testa e delle spalle a guisa di selve; portava in testa un unico occhio, che la parte centrale della fronte teneva a guisa di ampio scudo. Costui, dunque, amò una ninfa del mare che si chiamava Galatea; e, poichè non riusciva ad avere il sopravvento su di essa per il fatto che subito si immergeva nelle onde, cominciò a pregarla e a implorarla con promesse e canti. Ma, dispre4zzando Galatea tutte queste cose per il fatto che amava il bel giovane Aci, egli, spinto dalla gelosia, cercò in che modo potesse vedere quelli a colloquio insieme; e un giorno, scoperto il luogo dove vide Aci e Galatea giacere insieme, gettò addosso ad essi dei massi, e schiacciò  Aci in mare; ma questi dalla pietà degli dei fu mutato in fonte. Dì che fanno così  i gelosi. Infatti, se mai capita che qualcuno, di cui desiderano ottenere l'amore, preferisce un altro, spesso cercano di colpire: togliere l'uno all'altro e diffamare entrambi.

E dì anche che per Galatea puoi intendere la bianca dea: è detta così da gala, che è latte e theos, che è dio o dea: quasi dea lattea e cioè bianca; e per Aci intendi la castità, per Polifemo uno assai corrotto o lascivo. Ed è così detto da poly, che significa pluralità e phoemos, che significa femmina, quasi "molto femmineo" (lascivo). Poichè ora si dice che Polifemo uccide Aci, e cioè che la corruzione uccide la castità: dal momento che la corruzione prevale sulla castità.