IV – V sec. d. C.
NONNO DI PANOPOLI, Dyonisiaca, vv. 300- 324
E allora, avendo visto sotto una vicina rupe battuta dai flutti Galatea che nuotava, gridava Pan tutto grondante: "Dove ti rechi, o Galatea, attraverso il monte in luogo del mare? Brami forse il canto amabile del Ciclope? Ti prego in nome della dea di Pafo e del vostro Polifemo, non nascondere di conoscere il suo profondo desiderio, se presso le rupi hai visto nuotare la mia Eco che percorre i monti. Ha forse l’agile movimento simile al tuo? Forse anch’essa, la mia Eco, seduta su un delfino della marina Afrodite, come Teti senza velo, naviga? Ho paura che l’abbiano sconvolta i flutti terribili del mare. Temo che la grande corrente l’abbia sommersa. Forse infelice instabile sui mari attraversa dopo i monti i flutti? Eco, una volta montana, apparirà marina. Ma tu lascia il tuo lento Polifemo; se vuoi, io ti salverò sollevandoti sulle mie spalle; non mi sommerge la risonante corrente; se voglio, con i miei piedi caprini giungerò fino alla volta celeste."
A lui che così parlava Galatea in tal modo rispose gridando: "O Pan caro, solleva attraverso il flutto la tua Eco che non sa navigare; non chiedere invano a me perché oggi qui mi aggiro: un’altra migliore navigazione trovò per me Zeus pluvio. Lascia pure che sia dolce il canto del Ciclope. Io non desidero più il mare Siciliano; infatti ho paura di tanta pioggia e non mi curo di Polifemo." Così disse, e passò oltre le dimore del marino