02: Chione

ICONOS - scheda opera 02

 

Titolo dell'opera: Chione a Diana interficitur

Autore: Hans Vredeman de Vries (?)

Datazione: 1591 circa

Collocazione:

Committenza:

Tipologia: stampa

Tecnica: incisione su rame

Soggetto principale: *

Soggetto secondario: Dedalione trasformato in sparviero

Personaggi: Chione, Mercurio, Apollo, Diana, Dedalione, Autolico, Filammone, due figure che inseguono Dedalione (uno potrebbe essere Ceìce ?)

Attributi: petaso (Mercurio), caduceo (Mercurio); arco (Apollo); arco (Diana); corona (Dedalione)

Contesto: campagna con un’altura sulla destra (forse il Parnaso ?), che si affaccia sul mare

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: P. Ovidius Naso Metamorphoseon, Antwerpen, presso Joannes Moretus, 1591, p. 281

Bibliografia:

Annotazioni redazionali: Si tratta di una delle poche raffigurazioni del mito di Chione, giacché la vicenda non dovette attrarre né artisti né committenti, nel corso dell’antichità come nelle epoche successive di riscoperta dell’opera ovidiana come fonte iconografica. L’illustratore sembra qui seguire fedelmente il racconto classico nei suoi diversi momenti (Metamorfosi, XI, vv. 301-327): si tratta di una composizione di tipo narrativo, che in uno stesso contesto comprende contemporaneamente vari episodi del mito. L’artista propone in primo piano l’episodio di Mercurio, riconoscibile per il petaso alato e la verga, che, per potersi unire a Chione, l’addormenta con la sua verga, mentre Apollo, poco più indietro, caratterizzato dall’arco, osserva la scena. Ovidio, infatti, racconta che entrambi gli dei s’innamorarono della bella Chione, dopo averla avvistata dal cielo nello stesso istante. Tuttavia, mentre Apollo aveva deciso di attendere il calare della notte per unirsi a lei, Mercurio discese immediatamente sulla terra per averla. Perciò, sia Mercurio che Apollo, in momenti diversi dello stesso giorno, videro soddisfatti i loro desideri, tanto che Chione rimase incinta di entrambi. L’esser stata amata da due divinità, l’aver avuto dei figli da loro, e le sue nobili origini, furono tutti elementi che fecero insuperbire Chione, la quale arrivò a dirsi più bella e con maggiori qualità della dea Diana. L’incisore raffigura pertanto l’ira della dea verso Chione: per punire la fanciulla ed impedirle di vantarsi di nuovo, le trapassa la lingua con una freccia. Chione a terra, circondata dai suoi due bambini e dal padre Dedalione, caratterizzato dalla corona, cerca di divincolarsi, ma per lei non c’è più nulla da fare. Il momento successivo della vicenda, infatti, è raffigurato poco più indietro: Chione defunta, viene posta secondo l’usanza antica su di un rogo. A questo punto in Ovidio al mito di Chione si sovrappone quello di Dedalione, suo padre, accennato qui sullo sfondo. Non potendo resistere alla vista dell’amata figlia avvolta dalle fiamme, Dedalione fugge via fuori di sé, mentre alcuni personaggi della corte (e forse il fratello Ceice) cercano di fermarlo. Il genitore, però, giunto sulla cima di un monte (forse il Parnaso), si getta in mare in preda al dolore. In questo caso l’artista fa riferimento anche al vero e proprio momento conclusivo del mito di Dedalione, in quanto subito accanto al re che si getta a capofitto, ha raffigurato uno sparviero, uccello in cui Dedalione venne trasformato da Apollo per compassione.

 

                                                                            Elisa Saviani