Nicolò degli Agostini, Ovidio Metamorphoseos in verso vulgar, Venezia1522, XI, ff. 136v-137r
De Dedalione
[…] Questo una figlia havea Chione detta
di etade forse di quatordici ani
sopra tutte le belle la piu eletta
che si trovasi in molti reggi scanni
gentil, benigna, saggia, e pargoletta
adornata di aurati, & ricchi panni
& fu da Phebo, e da Mercurio un giorno
veduta, iqual di lei sinamororno.
Apollo allhor si fece in un bon concetto
di tardar fin a notte per potere
andar a ritrovarla sopra il letto
& gli di lei satiar il suo volere
ma il bon Mercurio senza alcun rispetto
non volse come saggio al suo piacere
poner indugia, ma con la vergiella
se misse, & giacque seco, e impregno quella.
Giunta la notte Apollo si cangioe
in uno uccello, & poi con fronte altera
al letto de la dama ne voloe
al quale giunto ritorno com’era
e con lei giacque, & quella ingravidoe
poi si parti per l’aria oscura, & nera
& giunta al di del parto senza duoli
la donna partori duo bei figliuoli.
Il primo che fu prima generato
dal dio Mercurio fu bon parlatore
& fu per nome Antolico chiamato
dopo il secondo s’io non piglio errore
di Phebo Philemon fu nominato
e fu musico eccelso, & bon cantore
cosi fecondo il seme ambi dui loro
di virtu & gratia differenti fuoro.
Vedendosi la donna esser si bella
ch’era piaciuta agli superni dei
de liquali partorito havea quella
duo si saggi figliuoli & esser lei
figlia di Dedalion l’iniqua, & fella
fortuna disprezzava, e i fati rei
e in tal superbia la fanciulla vana
sali, che disprezzo la dea Diana.
Della morte di Chione
E di lei si tenea piu bella assai
onde la dea se piacer non potroti
con le bellezze che piu di me n’hai
almen nel’opre forse piceroti
e detto questo per donarli guai
su certi colli solinghi, & rimoti
scoperse l’arco, e con una saetta
tronco la lingua a quella poveretta.
Chione per il duol de la ferita
subitamente in terra morta cade
e il padre che l’amava molto
in vita vedendo il caso di tanta pietade
si accese il cor di doglia si infinita
che vacillando andava per le strade
& si volea uccider per uscire
di tanta assidua doglia col morire […]
Allegoria del sparviero
La allegoria del sparviero è che questo Dedalione di cui Ovidio parla fu figliolo del re Lucifero & fratello di Ceice re di Thracia. Il quale Dedalione haveva una figliuola molto bella laqual dice l’autore che la fu gravida di Mercurio & di Apollo. Vero fu che ella giacque con uno valoroso giovane di cui generò duo figliuoli in uno parto, l’uno de quali fu bellissimo parlatore & molto eloquente, perilche dice il poeta che fu figliuolo di Mercurio dio della eloquentia, l’altro fu sottilissimo musico perilche si denota esser stato figliuolo d’Apollo. Costei si riputava molto gloriosa per la stirpe regia dove era discesa, & per i figliuoli di tanto valore, & ancho per esser molto amata dal padre. Onde dice Ovidio che Diana dea della castita sdegnata contra di lei pel peccato di lussuria comesso con Apollo & Mercurio, & perche la dispezzava con una saetta gli mozzò la lingua si che ne mori che altro non vuol significare se non che venne la morte & spinse quella superbia […].