66: Venere e Adone

Titolo dell’opera: Venere e Adone

Autore: Antonio Canova (1757-1822)

Datazione: 1794

Collocazione: Ginevra, Villa Lagrange

Committenza: marchese di Salsa Berio di Napoli

Tipologia: scultura

Tecnica: tuttotondo (180 x 80 x 60 cm)

Soggetto principale: Adone si congeda da Venere

Soggetto secondario:

Personaggi: Venere, Adone, cane

Attributi: cane da caccia, freccia (Adone)

Contesto:

Precedenti: studio per Venere e Adone, pastello su carta, Bassano, museo civico (580 x 437 mm)

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Munoz A., Antonio Canova, le opere, Palombi, Roma 1957, pp. 47-48; Pavanello G., L’opera completa del Canova, Rizzoli, Milano 1976; Stefani O., Antonio Canova, la statuaria, Electa, Milano 2003, pp. 59-61

Annotazioni redazionali: Eseguito su commissione del marchese di Salsa Berio di Napoli, il gruppo statuario di Venere e Adone fu realizzato da Canova tra il 1789 e il 1794. Il marchese fece costruire per accoglierla un tempietto nel giardino del suo palazzo a Napoli. Alla morte del marchese, avvenuta nel 1820, fu acquistato all’asta dal colonnello Fabre su consiglio dell’autore stesso, che volle poi apportare delle modifiche al panneggio senza chiedere alcuna ricompensa per un lavoro che lo impegnò un mese. L’opera ebbe un immediato successo, come scrive Canova stesso in una lettera a Falier. Molta gente accorse al tempietto per vederla e furono ad essa dedicate dissertazioni e componimenti d’occasione. La scultura rappresenta Adone che sta per congedarsi da Venere prima di partire per la caccia; la mano destra infatti stringe il dardo col quale affronterà il cinghiale ed egli è accompagnato dal suo cane. Canova aveva affrontato lo stesso tema alcuni anni prima, quando nel 1789 aveva realizzato l’Adone coronato da Venere (Possagno, gypsoteca). Questa volta però i due personaggi non sono disposti su due piani contrapposti, orizzontale e verticale, ma la composizione è piramidale. L’autore si rifà a numerosi modelli classici (ad esempio al Marte borghesiano, a Venere, Amore e Psiche dei Capitolini), ma a nessuno in particolare. L’accostamento delle due figure in piedi è realizzato con abilità, variando i ritmi e accordando i movimenti nella composizione. Adone è leggermente più alto, figura dominante cui si appoggia la dea come ad una colonna, accarezzandogli il viso. La testa piegata, la mano e le braccia di Venere legano i due nella parte superiore, mentre Adone ne cinge dolcemente il fianco. L’eroe ha una bellezza efebica che si addice al corpo da adolescente di Venere; nella parte posteriore prevalgono volumi rotondeggianti e risulta visibile il cane da caccia di Adone, che è nascosto sul davanti dalle figure, e che col suo pelo ruvido crea un contrasto netto con l’epidermide liscia dei due personaggi. Adone ha una espressione malinconica, come presago del suo triste destino, ma un po’ ritroso rispetto alla languida dea. Un particolare iconografico che si stacca dalla narrazione ovidiana del mito è il particolare del dardo che Adone stringe nella mano destra. Infatti nelle fonti classiche non è specificata l’arma con la quale l’eroe affronta il cinghiale, ma più spesso nei dipinti egli è raffigurato munito di lancia. Nelle opere di Giovanni de’ Bonsignori (Adofm10) e Giovanni Andrea dell’Anguillara (Adofr08), invece, è aggiunto questo particolare dell’arma, che risulta essere appunto un dardo.

Francesca Bove