Titolo dell’opera: La Morte di Adone
Autore: Jusepe De Ribera, detto lo Spagnoletto (1591-1652)
Datazione: 1650 ca.
Collocazione: Cleveland, Cleveland Museum of Art
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su carta montata su tela (185 x 239 cm)
Soggetto principale: Venere trova il corpo di Adone
Soggetto secondario:
Personaggi: Venere, Adone, Amorini, cane, figura
Attributi: colombe, carro (Venere); cane, lancia (Adone)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.clevelandart.org/oci/midsize/1965/1965.19.jpg
Bibliografia: Francis H.S., Jusepe de Ribera. The Death of Adonis, in “Bulletine of The Cleveland Museum of Art,” Volume LIII, Cleveland (Ohio) 1966, pp. 347-399; Chenault J., Ribera, Ovidio and Marino: “Death of Adonis”, in “Paragone-Arte“, Anno XXII, numero 257, 1971, pp. 68-77; Spinoza N., L'opera del Ribera, Rizzoli, Milano 1978, pp. 109-110.
Annotazioni redazionali: Le vicende di questo dipinto conservato ed esposto dal 1966 a Cleveland, sono oscure. Un quadro col nome di Venere e Adone (non specificatamente Morte di Adone) di Ribera compare in una nota spesa del 1634 del Duca di Monterrey, Viceré di Napoli, che mandò dodici dipinti dall’Italia per decorare il Palazzo del Buen Retiro di Madrid; si tratta probabilmente della stessa tela menzionata in una lettera del Marchese Heliche risalente al 1656. Buona parte della critica identifica la tela qui presa in considerazione con questo dipinto, anche se fonti contemporanee all’artista danno notizia di tre versioni dello stesso soggetto dipinte dal Ribera e probabilmente, andate perdute. Un confronto sicuro è possibile con Venere e Adone conservato a Palazzo Corsini (Cfr. scheda opera 58). Mentre il dipinto di Roma non presenta particolari problemi iconografici, nel quadro di Cleveland Ribera è molto più preciso sui particolari della scena e la versione è sicuramente più elaborata di quella romana sia a livello iconografico che compositivo: al centro le due figure degli amanti sono vicinissime, il corpo di Adone è adagiato su un drappo rosso con accanto, visibili, gli attributi del giovane cacciatore, la lancia e il cane da caccia, mentre Venere cosparge di fiori il corpo dell’amato. In alto a sinistra una figura ambigua si affaccia sulla scena mentre al centro un amorino accorre in volo. Alle spalle della dea è riconoscibile il carro trainato non dai cigni come si legge nella versione ovidiana del mito (Adofc06), ma da due colombe, attributo della dea. Questo particolare iconografico è rintracciabile anche nell’affresco di Rosso Fiorentino nella Galleria di Francesco I a Fontainbleau (Cfr. scheda opera 18), nell’opera del Bertoja conservata al Louvre (Cfr. scheda opera 32) e nell’incisione del Tempesta del 1606 (Cfr. scheda opera 44). Infine proprio sotto al carro, due amorini trattengono per la testa il cinghiale che ha ucciso Adone. Non tutti gli elementi in questione sono rintracciabili nella versione ovidiana del mito. È necessario quindi analizzare altri testi sia antichi che contemporanei all’artista per capire le scelte iconografiche del Ribera. Una fonte da prendere in considerazione è Bione di Smirne che nella sua Lamentazione per Adone presenta alcuni dettagli rintracciabili nell’opera che si sta analizzando. Nel racconto di Bione, infatti, Venere cosparge di “ghirlande e fiori” il corpo di Adone, come nel quadro di Cleveland (Adofc03). Un’altra fonte classica possibile è l’anonimo e tardo poemetto intitolato “La Morte di Adone” racconto secondo il quale Venere, dopo aver trovato il corpo di Adone, ordinò ai suoi amorini di andare a cercare il cinghiale che lo aveva ucciso. Questi si alzarono in volo, lo trovarono, lo catturarono, uno di loro lo ferì con arco e freccia, e lo trascinarono dalla Dea. L’Amorino volante che compare nel quadro di Ribera potrebbe essere quello con arco e frecce di cui si parla in questa fonte anche se appare più probabile l’identificazione con Amore, figlio di Venere, che accidentalmente aveva causato l’infatuazione di sua madre nei confronti del cacciatore. La figura poco delineata che compare in alto a sinistra è stata oggetto di diversi studi. In maniera poco convincente è stata proposta la possibilità che si tratti di un autoritratto dell’artista, anche se la figura, dai tratti quasi orientali, ha poco a che fare con l’immagine che Ribera ci ha lasciato di sé. Un appiglio più convincente si può forse rintracciare nell’Adone di Giovanni Battista Marino, poema epico pubblicato nel 1623 (Adofr10). In questa opera infatti il poeta italiano parla di un pastore, Clizio, a cui Venere aveva dato il compito di sorvegliare Adone durante la battuta di caccia. L’identificazione della figura posta sul margine destro dell’opera con Clizio potrebbe trovare conferma se la si confronta con un’altra figura di pastore, Giacobbe, dipinta dallo stesso Ribera nel 1639 (Giacobbe e il Gregge di Labano, Londra, National Gallery, http://www.nationalgallery.org.uk/cgi-bin/WebObjects.dll/CollectionPublisher.woa/wa/largeImage?workNumber=NG244&collectionPublisherSection=work). La presenza della figura di Clizio rinforza l’ipotesi che sia proprio l’opera di Marino la fonte iconografica immediata per questo quadro, tanto più che lo stesso Marino, come l’autore anomino del poemetto “La Morte di Adone”, narra l’episodio del cinghiale trattenuto dagli amorini. In più sia nell’Adone che in Galleria, altra sua opera del 1620, Marino colloca la ferita mortale sul corpo di Adone non sul ventre (Ovidio) o sulla coscia (Bione) come riportano le fonti antiche, ma sul fianco. Questa variazione risulta interessante se si prende in esame il forte legame di Marino con la Francia. Il poeta visse a Parigi dal 1615 al 1623, e l’Adone fu scritto proprio durante il suo soggiorno parigino. Nella sua lunga permanenza sicuramente venne conoscenza di un poema anonimo pubblicato ad Angers intorno al 1300 che fu fondamentale nell’ambito delle trasformazioni che le raffigurazioni delle Metamorfosi di Ovidio ebbero attraverso i secoli, l’Ovide Moralisé. Si tratta di un’opera che si propone non solo di tradurre il testo ovidiano dal latino al francese ma anche, e soprattutto, di trasformare tutti quei temi che potevano essere considerati disdicevoli e sottolineare le possibili analogie tra i racconti mitologici e quelli cristiani. Per l’esempio che ci interessa, secondo questa interpretazione, la morte di Adone che rivive in un fiore viene paragonato al sacrificio di Cristo che risorge e di conseguenza il cinghiale che uccide Adone, agli Ebrei (Adofm07). L’influenza dell’Ovide Moralisé fu forte non solo in Francia ma anche in Italia, tanto che nel 1564 il Concilio di Trento condannò tutte le interpretazioni cristiane della mitologia e in particolare l’Ovide. Nonostante ciò, questa tradizione figurativa continuò ad esistere e non è un caso se, per certi versi, il quadro di Cleveland può ricordare una Pietà: il drappo rosso cremisi associato alla passione, la lancia che ricorda quella del Longino, i putti lamentosi e la figura di Venere assimilabile a Maria Maddalena sono elementi che posso sottolineare questa chiave d’interpretazione. Si può comunque stabilire con sicurezza che il Ribera conoscesse bene sia le fonti classiche che quelle a lui contemporanee e le analogie tra il mito e il racconto cristiano.
Per un'analisi del rapporto tra l'iconografia della morte di Adone e quella della passione di Cristo, e sull'influenza dell'Adone del Marino si rimanda all'articolo di Nicolette Mandarano, Pittura Parlante, Poesia Taciturna.
Gaia Dionisi