Titolo dell’opera: Venere e Adone (copia da un’opera del Cavalier d’Arpino)
Autore: Muzio Cesari (1619–1690)
Datazione: 1640 ca.
Collocazione: Digione, Musèe Magnig
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (54 x 71 cm)
Soggetto principale: Venere abbraccia Adone
Soggetto secondario: in secondo piano,i putti ed un cane cercano di trattenere il cinghiale; in primo piano sulla sinistra, Amore abbraccia un altro cane;
Personaggi: Venere, Adone, Amore, amorini
Attributi: lancia, corno, cani, cinghiale (Adone); Amore (Venere)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti: Cavalier d’Arpino, Venere e Adone (oggi perduto)
Derivazioni:
Immagini: http://www.culture.gouv.fr/Wave/image/joconde/0342/m501104_03-002437_p.jpg
Bibliografia: Garas C., The Ludovisi Collection of pictures in 1633 , II, nel “Burligton Magazine”, vol. CIX, giugno 1967, p.344; Catalogne des tableaux et dessins italiens (15-19 sec.), Dijon Musèe Magnin, a cura di Arnauld Brejon de Lavargnee, editions de la Reunion des Musèes Nationaux, Parigi, 1980, p.38; Röttgen H., Il Cavaliere Giuseppe Cesari d’Arpino : un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Ugo Bozzi Editore, 2002 ;
Annotazioni redazionali: Muzio Cesari è un pittore figlio d’arte. Suo padre, infatti, era il famoso artista Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Si ritiene che Venere e Adone di Muzio sia una copia fedele di un’opera perduta del padre, che si trovava nella collezione Ludovisi a Roma nel 1633, (Röttgen, 2002), in quanto la descrizione relativa all’opera del Cavalier d’Arpino presente in The Ludovisi Collection of pictures in 1633 (Garas, 1967) corrisponde al quadro dipinto dal figlio e oggi conservato nel Musèe Magnin di Digione. Secondo Röttgen, si può essere certi che il quadro è una copia perché esistono delle similitudini stilistiche con un’altra opera di Muzio Cesari, sempre copia da un originale del Cavalier d’Arpino (Sant’Antonio da Padova nella chiesa di San Michele ad Arpino). Il dipinto raffigura Venere, in primo piano, seduta su una roccia mentre abbraccia Adone, il quale, seduto a terra, appoggia, invece, un braccio sulla gamba dell’amata e piega la testa sul suo grembo; ai piedi di Adone si scorgono la lancia e il corno da caccia; al fianco dei due amanti, Amore sembra tenere a bada un cane del giovane cacciatore, mentre un altro spunta dall’estrema sinistra del quadro; su un piano leggermente arretrato, sulla destra del dipinto, troviamo tre amorini ed un altro cane che tentano di trattenere il cinghiale dall’importunare il giovane. La scena è immersa in un paesaggio naturale lussureggiante ed idilliaco che si presta a fare da giusta cornice ad una scena d’amore, mentre sullo sfondo si apre una veduta cittadina, come per rendere l’episodio mitico più concreto e più vicino all’osservatore. Al raggiungimento di questo intento contribuisce anche l’aspetto contemporaneo dell’abito di Adone. È importante notare, inoltre, che, nonostante il tema su cui si incentra la composizione sia l’amore e la passione tra Venere e Adone, sono presenti degli espliciti richiami a ciò che avverrà in seguito, ovvero alla morte prematura e funesta del ragazzo: infatti, Venere poggia fermamente il suo piede destro sulla lancia di Adone, come per voler ritardare il più possibile il momento in cui egli impugnerà le armi e la lascerà per recarsi a caccia, ed infine la presenza del cinghiale che annuncia la fine imminente di questo amore e della vita del giovane. Infine la posa in cui sono rappresentati i due amanti si ritrova anche nell’incisione di Giovanni Antonio Rusconi del 1553 (Cfr. scheda opera) per le Trasformazioni di Ludovico Dolce (Adofr04), e nell’incisione che raffigura Venere e Adone presente sia nel testo di Simeoni (Cfr. scheda opera; Adofr07 ) sia in quello di Salomon (Cfr. scheda opera).
Ilaria Renna