58: Venere e Adone

Titolo dell’opera: La Morte di Adone

Autore: Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto (1591-1652)

Datazione: 1637

Collocazione: Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Corsini

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (179 x 262 cm)

Soggetto principale: Venere scopre il corpo di Adone

Soggetto secondario: 

Personaggi: Venere, Adone, cane

Attributi: fiori, colomba (Venere); lancia, cane (Adone)

Contesto: scena all'aperto

Precedenti:

Derivazioni: Jusepe de Ribera, La caduta dei Giganti, disegno a penna su carta bianca, 25 cm x 19 cm

Immagini: http://imagen.aut.org/4DPict?file=20&rec=133.341&field=2&maxsize=400http://www.galleriaborghese.it/opere/maxi/ribera.jpg

Bibliografia: Spinoza N., L'opera del Ribera, Rizzoli, Milano 1978, pp. 109-110; Spinosa N., Jusepe de Ribera: 1591-1652, Metropolitan Museum of Art, New York 1992, p. 205; Chenault J., Ribera, Ovidio and Marino: Death of Adonis, in “Paragone Arte”, Anno XXII, 257, Luglio 1971, pp. 68-77.

Annotazioni redazionali: Firmata e datata dall'autore stesso (Jusepe de Ribera espanol valenciano/F 1637), l'opera conservata alla Galleria Corsini è, inssieme a quella di Cleveland (Cfr. scheda opera 60), una delle due versioni del mito dipinte dallo Spagnoletto di cui si conosce la collocazione. In realtà si hanno notizie di altre tre tele dallo stesso soggetto: la prima, di ignota ubicazione, era in possesso di Micaela Zapata nel 1634 in occasione delle sue nozze con il Marchese Mortara, la seconda compare nell’inventario di Casa Olivares a Madrid mentre la terza fu commissionata nel 1633 dal Conte Monterrey, che la cita in una nota spese dell’anno seguente. Inviata poi nel 1635 in Spagna per decorare il Palazzo del Buen Retiro, viene identificata con il dipinto segnalato dal Marchese Heliche in una lettera del 1656. Non se ne conoscono ulteriori vicende ma buona parte della critica riconosce quest’opera nella tela acquistata dal Cleveland Museum of Art ed esposta nel 1966. Nel caso della tela romana, Ribera fornisce un’interpretazione del mito narrativamente molto semplice, a differenza della versione di Cleveland (Cfr. scheda opera 60). La rappresentazione del cacciatore morto non è per nulla cruenta: il giovane giace a terra mollemente con accanto il fedele cane da caccia, suo attributo. Questa posa fu ripresa da Ribera, secondo il Brown, in un disegno datato dal quest'ultimo alla fine degli anni 40 che ritrae La Caduta dei Giganti (per la datazione di questo schizzo il Brown si è servito proprio del dipinto in questione come termine post quem). Venere è presa nell’atto di scendere dal suo carro trainato da cigni, che in realtà non è compreso nella rappresentazione, con una corona di fiori in testa, colta in un tipico gesto di disperazione. Il motivo delle braccia alzate alla vista del corpo senza vita del giovane amante, infatti, ricorre in varie rappresentazioni del mito: l’incisione di Salomon del 1557 (Cfr. scheda opera 27), quella di Tempesta del 1606 (Cfr. scheda opera 44), e uno degli affreschi di Siciolante a Monterotondo (Cfr. scheda opera 25) sono solo alcuni esempi. L’opera del Ribera riprende con fedeltà il racconto delle Metamorfosi di Ovidio (Adofc06), si può dire anzi che l’autore si tiene ben dentro i limiti del testo riducendo gli elementi attributivi per valorizzare l’attenta composizione da lui studiata su un gioco di diagonali. Di fatti l’unico riferimento diretto è il cane da caccia di Adone che scova il cinghiale selvaggio. Per la versione di Cleveland invece, lo Spagnoletto si serve anche di altre fonti non solo antiche: gli scritti del Marino, per esempio, come si deduce dalla posizione della ferita sul corpo di Adone. È sicuro quindi che Ribera fosse a conoscenza sia della tradizione contemporanea sia di quella classica e che abbia scelto nella versione romana di attenersi strettamente alle Metamorfosi.

Gaia Dionisi