13: Venere e Adone

Titolo dell'opera:

Autore:

Datazione: 1497-1498

Collocazione: Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Aldo Manuzio, Venezia 1499

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: xilografia I (rilievo del sarcofago-fontana): ferimento di Venere con la spina di una rosa; combattimento di Marte e Adone; xilografia II (rilievo del sarcofago): morte di Adone e svenimento di Venere

Soggetto secondario: xilografia II: Venere assisa in trono con cupido in braccio; Polifilo le bacia il piede, le ninfe sono inginocchiate davanti al sepolcro

Personaggi: (rilievo del sarcofago) Venere, Adone, Marte, Ninfe

Attributi: nudità, rose (Venere); cinghiale (Adone); spada (Marte)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Clerici R.C., “Tiziano e la Hypnerotomachia Poliphili”, inLa Bibliofilia, XX, 1918-1919, pp. 183-203 e 240-248; Pozzi G., Ciapponi L.A., La cultura figurativa di Francesco Colonna e l'arte veneta, in Umanesimo europeo e Umanesimo veneto, a cura di Branca V., Sansoni, Firenze 1964, pp. 317-336; Calvesi M., Identificato l'autore del "Polifilo", in "Europa Letteraria", n. 35, 1965, pp. 1-14; Parronchi A., Lo xilografo della Hypnerotomachia Poliphili: Pietro Paolo Agabiti?, in "La Prospettiva", 33-36, 1983-84, pp. 101-111; Pozzi G., Il “Polifilo” nella storia del libro illustrato veneziano, in Sull’orlo del visibile parlare, Adelphi, Milano 1993; Calvesi M., La Pugna d’Amore in sogno di Francesco Colonna romano, Lithos, Roma 1996; Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, a cura di Ariani M., Grabriele M., Adelphi, Milano 1998; Urbini S., Il Polifilo e gli altri libri figurati sul finire del Quattrocento, in Verso il Polifilo, 1499-1999, catalogo della mostra tenuta a San Donà di Piave, a cura di Casagrande D., Scarsella A., Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia 1998, pp. 49-78; Un libro in mostra. L’Hypnerotomachia Poliphili, cioè la Pugna d’Amore in sogno, a cura di Tavoni M.G., La Spezia 2001

Annotazioni redazionali: nell’Hypnerotomachia Poliphili, romanzo allegorico di cui il probabile autore sarebbe Francesco Colonna, le incisioni dedicate al mito di Venere e Adone sono due. Queste fanno parte delle 172 che corredano il testo della preziosa edizione pubblicata nel 1499 dal tipografo veneziano Aldo Manuzio. Il racconto descrive il sogno di una lotta d'amore dell'amante di Polia e il protagonista, Polifilo, compie un viaggio iniziatico che ha come tema cardine la ricerca della donna amata e che trasforma il romanzo in una grande metafora di una trasmutazione interiore, fino al raggiungimento dell’amore platonico. Per una corretta lettura dell’opera, le due incisioni vanno considerate insieme poiché rappresentano un lato e l’altro del sepolcro in cui giace Adone. L’autore non dice chiaramente dove si trovi Polifilo nel momento in cui s’imbatte nel sepolcro del giovane, ma le indicazioni fornite sembrano riportare al corteo nei boschetti divisi da cancellate incontrati precedentemente. Guardando le immagini si scorge una recinzione attorniata da alberi dunque il sepolcro di Adone si ergerebbe proprio in uno di questi boschetti. Sebbene un sepolcro di Adone venga menzionato soltanto da Licofrone nell’Alessandria (831 e sgg.) in cui si fa riferimento a una tomba onorata dalle lacrime di Venere, Ovidio, ai versi 725-727 delle Metamorfosi, allude attraverso il lamento di Venere alla fondazione delle Adonia, feste istituite da Venere in occasione della morte dell’amante (Adofc06); ed è proprio “ADONIA” la parola che compare inscritta sulla parte del sarcofago della prima xilografia. Bione di Smirne nell’Epitaffio ad Adone descrive soltanto il funerale del cacciatore ma non fa riferimento ad alcuna tomba (Adofc03). Come emerge dall’accurata analisi di Ariani e Gabriele (1998), le misure del sepolcro, correttamente convertite in centimetri, ruotano attorno al numero sei, sacro a Venere. Le ninfe raccontano a Polifilo che quello era il punto esatto in cui, durante la caccia, il cacciatore era stato ucciso e proprio là Venere, uscendo nuda dalla fonte si sarebbe ferita al polpaccio. La storia di Adone era perfettamente scolpita lungo la facciata del sepolcro, e così nell’immagine. Nella prima xilografia, infatti, è visibile il sarcofago-fontana con (a partire da sinistra) due personaggi che dialogano, probabilmente Venere e Adone, una donna che corre calpestando delle rose, e da qui il riconoscimento con Venere, e due uomini in lotta. Questi ultimi sarebbero Marte e Adone che combattono a causa di Venere. La lotta tra i due appare impari, poiché solo Marte è armato, segno dell’inevitabile morte del giovane Adone. Il riferimento alla tintura delle rose in relazione all’episodio del soccorso di Adone da parte della dea è raccontata da Mario Equicola che riporta Claudiano (Adofr03). In generale il rapporto tra le rose, Venere e Adone è alluso in Serlio (In Encl., 10, 18) che parla di Adone trasformato in rosa, mentre Bione (Adofc03, vv. 64 e sgg.) racconta di rose spuntate dal sangue del cacciatore (sostituite dall’anemone invece in Ovidio – Adofc06). L’incisione che illustra la scena segue in maniera fedele il testo poiché compare persino l’ovale con l’iscrizione Adonia, in riferimento alle feste annuali istituite da Venere in onore del giovane morto (Adofc02). Non si conosce il periodo esatto di svolgimento delle feste (Atallah, 1966 p. 240 e sgg.), ma è evidente che Colonna le colloca in primavera in relazione con la fioritura dell’anemone, del mirto e della rosa. La comparsa di Marte come autore dell’uccisione di Adone è invece una novità ignorata da Ovidio, e che ritroveremo raffigurata nel dipinto di Giulio Romano (Cfr. scheda opera 17). Nella scena della morte in un angolo compare il cinghiale, riferimento alla caccia, causa insieme alla gelosia del decesso del giovane. Il testo ci dice anche che di fronte al magnifico sepolcro di Adone, lungo cinque piedi e largo quattro pollici, stanno devotamente inginocchiati Polifilo e le ninfe, ed è esattamente così che ritroviamo i personaggi nella seconda xilografia. Una Venere lactans con in braccio Cupido sta seduta su un trono mentre Polifilo le bacia il piede; le ninfe sono inchinate di fronte a lei e le due scene a rilievo sul sarcofago raccontano l’ultima parte del mito di Adone: la morte del giovane e lo svenimento di Venere. Da sinistra vediamo il giovane disteso con le ninfe attorno e a seguire l’immagine della dea sorretta da tre di loro. Tale rappresentazione è piuttosto insolita perché l’usale iconografia dell’episodio vuole che Venere sia assistita o da eroti o da oreadi (Bione, Adofc03, vv. 15 sgg.; Ovidio, Adofc06, vv. 372 sgg.). Alcune annotazioni testuali non vengono invece riportate nell’immagine, come la presenza dei pastori alla morte di Adone, o Cupido che deterge con un mazzetto di rose gli occhi della madre. Due frasi sono iscritte su un lato e sull’altro del sepolcro: ADONIA, in riferimento alle feste di cui sopra, e IMPURA SUAVITAS dal significato meno chiaro. Secondo Marco Ariani e Mino Gabriele (1998), la frase deriverebbe dalla lettura morale del mito fornita da Fulgenzio (Mit., 3, 8) in riferimento all’exemplum libidinis, che è Adone in contrasto con il purissimo sangue versato da Venere per quell’amore. Nel testo si aggiunge anche che in una delle facce era incastonato un giacinto che brillava di un bagliore immenso, e, sempre secondo Ariani e Gabriele, “il giacinto era la gemma più consona a simboleggiare un legame di sangue non estinto nemmeno alla morte, simboleggiato da una fiamma imperitura specchiata nel sepolcro di cui Polifilo non regge la vista”. La lettura in chiave neoplatonica ha orientato parte della critica a fare del sarcofago descritto da Colonna un riferimento per la lettura della scena omologa rappresentata nel sarcofago del celebre Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano (Clerici 1918-1919, pagg. 183-203, 240-248).

Francesca Pagliaro