08: Venere e Adone

Titolo dell’opera: Morte di Adone

Autore:

Datazione: II sec. a.C.

Collocazione: Parigi, Museo del Louvre, proveniente da Roma (Atallah)

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: sarcofago scolpito a bassorilievo

Soggetto principale: morte di Adone

Soggetto secondario: commiato di Adone e Afrodite; Afrodite viene informata della morte di Adone

Personaggi: Adone, Afrodite, compagni di caccia di Adone, amorino

Attributi: cane, cinghiale (Adone)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://content.cdlib.org/xtf/view?docId=ft4199n900&chunk.id=figures&toc.depth=1&toc.id=&brand=eschol

Bibliografia: Atallah W., Adonis dans la letterature et l’art grecs, C. Klincksieck, Parigi 1966, pp. 53-56, 75-84; Servasi-Soyez B., ad vocem “Adonis”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco 1986, pp. 222, 226, 229; Koortbojian M., Myth, meaning and Memory on Roman Sarcophagi, University of California Press, Los Angeles 1993

Annotazioni redazionali: per la sua complessa struttura narrativa, è raro trovare una raffigurazione che copra contemporaneamente i vari episodi del mito di Venere e Adone. Ad esempio, i sarcofagi romani, a differenza della pittura vascolare classica in cui si fa riferimento quasi esclusivamente all’amore tra la dea e il cacciatore (Cfr. scheda opera 01, scheda opera 02, scheda opera 04), si focalizzano esclusivamente sulla morte di Adone, tralasciando gli altri aspetti del mito, non sono pertinenti al contesto funerario. Stando allo studio di Michael Koortbojian (1993), nei sarcofagi romani sono generalmente raffigurate tre scene che riguardano la morte di Adone; si procede da sinistra verso destra con la partenza di Adone per la caccia contro la volontà di Afrodite, il ferimento da parte del cinghiale e la sua morte fra le braccia della dea. Ogni scena è rappresentata singolarmente e separata dalle altre. Nella prima, quella del congedo, i due amanti sono rappresentati mentre si salutano, rivolti l’uno all’altra. Di solito la figura della dea, anche se seduta, è più grande rispetto al giovane, proprio per sottolineare la sua natura divina contrapposta a quella mortale di Adone. Il giovane segnala la sua volontà di partire per la caccia indicando con un braccio i suoi compagni; sembra quasi insensibile ai richiami della dea. Il particolare carattere di questa scena, punto nodale dell’intero racconto, può essere ulteriormente enfatizzato dai vari contrasti possibili tra le due figure: femminile-maschile, seduta-alzato, vestita-nudo. La successiva scena con il ferimento da parte del cinghiale comprende una sequenza di momenti e azioni diverse: Adone ferito giace morente a terra, i suoi compagni e i suoi fedeli cani cercano di allontanare la bestia e quest’ultima si ritira nel suo antro. Nell’ultima scena, che è anche la più tragica, il punto focale è dato dalla morte del giovane fra le braccia di Afrodite; qui però, a differenza della scena del congedo i due protagonisti sono solitamente rappresentati delle stesse dimensioni. In altre versioni la dea è colta nell’atto di baciare per l’ultima volta il suo amato, rassegnata di fronte all’infausto fato. La prima e l’ultima scena di solito sono presentate come pedants, con Afrodite che apre e chiude tutta la composizione. L’una è complementare dell’altra; infatti la morte di Adone è causata dalla sua ostinazione a non ascoltare la volontà della dea che voleva impedirgli di partire per la caccia. Il destino di Adone non può essere cambiato: così come Afrodite non riesce ad impedirgli di partire per la caccia, allo stesso modo non riuscirà ad impedire la sua dipartita. Questa divisione in tre scene è sostanzialmente rispettata in questo sarcofago del II sec. a.C., tranne che per l’ultimo episodio sulla destra. La prima scena da sinistra rappresenta il commiato di Adone da Afrodite: la dea, seduta, con le braccia cinge il collo del suo amato, il quale però sembra indietreggiare pronto ad intraprendere la caccia; infatti con il braccio sinistro tocca uno dei compagni come per indicarlo alla dea. Tra le gambe di Adone gioca un Amorino, mentre seduto di fronte a lui c’è l’immancabile cane (purtroppo rinvenuto acefalo). Nella scena centrale quella con la morte di Adone, il giovane è seduto a terra ferito su una roccia, mentre i compagni cercano di colpire il cinghiale che si ritrae in una spelonca (infatti ne è visibile solo la testa); due cani partecipano all’azione. Nell’ultima scena, Afrodite è seduta in trono mentre viene informata della morte del suo amato da due compagni, uno in piedi di fronte a lei e l’altro di lato appoggiato ad un lapide. Quest’ultima scena è molto particolare; infatti per qualche motivo a noi sconosciuto l’artista deve aver scelto di allontanarsi dalla tradizione classica e di optare per l’esclusione di Adone, la cui presenza è solo evocata. La tragicità dell’evento è riconducibile esclusivamente alla figura di Afrodite assisa in trono, mentre viene informata del terribile evento. Per il resto il sarcofago risulta conforme alle altre composizioni classiche, dove ogni artista rispetta nelle linee generali le tematiche, ma aggiunge ad ogni scena dei particolari in modo da contraddistinguersi dagli altri.

Luigi Fragnito