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1522

NICCOLÒ DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa ,Venetia, 1522, X, ff. 128, 130v, 131

 

De Adoni et Venus

Venus vedendo la madre de amore

La gran bellezza, e la gran gagliardia

Nel vago Adonis fu presa de amore

Perché Cupido a questo consentia

E con una saetta ipassò il core

Sì che per ciascun loco lo sequia

E ben che riprendesse il suo figliolo

Pur porto in pace lamoroso duolo

 

Essendo un giorno in una selva strana

Si como era sua usanza andato a caccia

Per le contrate de la dea Dian

Venus gli apparve con benignia faccia

Et lo pregò con voce rara, et piana

Tendendoselo stretto ne le braccia

Che non volessi sequitar cingiali

Ne gli altri orrendi, e feroci animali

 

Ma quelli che non son pericolosi

Cacciar dovesse per più suo piacere

Per le solinge selvi, e lochi ombrosi

Senza sospetto dalcun dispiacere

Che se per quei monti arridi, e sassosi

Seguitasse le orrende , e crudel fiere

E che morisse al fin per mala sorte

Seria cagian anchor di la sua morte

 

Poi sopra ogni altra cosa lexortava

Che dovesse fuggir da ogni leone

Che per il grande amor che li portava

Non si facesse qualche offensione

Perché ognun dessi molto lodiava

E se voi chio ti dica la cagione

Te la dirò, tal che piacere harai

Quando tutto il successo intenderai

 

Ma non son tanto affannata per mia fede

Che se non siedo non til potrò dire

Però vien meco qui dove si vede

Quel arbor che ne vol ambi coprire

Conlombre, e sotto un vago pratile siede

Al qual andor senz’altro diferire

E la dea Venus su lherbe odorose

Il capo in grembo al bel Adonis pose

 

De Hippomene et Atalanta

(…)

 

Però ti prego che fuggir li vogli

Perché son molto horribili animali

E ne son pieni tutti questi scogli

Di lor, e dorsi, e de porchi cinghiali

Che ti potriano dar molti cordogli

Se ferir li volesti con tuoi strali

Altre caccie per te ritroverai

Di men perielio, e più piacere assai

 

Queste valli gentil, questi boschetti

Qui dognintorno son tutti ripieni

De mille gratiosi animaletti

Daini, conigli, e caprioli ameni

Et lepri, e volpe, e cervi giovinetti

Lassando gli altri de spaventi pieni

E detto questo nel suo carro entroe

Da dui cigni guidato e in ciel tornoe

 

Allegoria de Hippomene et Atalanta

(…)

 

De Adonis mutato in fiore

 

Poi che parttita fu la dea Celeste

Essendo Adonis sopra un stretto varco

Giunto cacciando per quelle foreste

Dalta fatica e molto sudor carco

Perché le fiere fuggitive, e preste

Havea seguite giù ripose larco

Quando fuor dun gran bosco un fier cinghiale

Vide uscir come uccel battendo lale

 

Adonis como il vide i fidi cani

Li lassò dietro con molto valore

E strinse un dardo accuto ne le mani

Che fu di quanti havea forse il megliore

Ma iveltri lo assalir co bagli strani

Quando lui lanciò il dardo con furore

Onde il cingial per questo su quel prato

Lassando i cani a lui shebbe voltato

 

Adonis che lo vide a se venire

Per haver larco sopra un cespo posto

Senza aspettarlo si diede a fuggire

Ma fu dal parcco al fin raggiunto tosto

E con un urto il fece a terra gire

Sendo da icani suoi molto discosto

Si che rimase il giovinetto accorto

Per la percossa poco men che morto

 

Venus chera tornata su nel cielo

Mirando al pian vide il suo caro Adone

Il qual amava de si ardente zelo

Presso a la morte giacer sul sabione

Maledicendo il nostro mortal pelo

Discese in terra spinta da passione

E giunta a lui trovò che alhora alhora

Gliera del corpo uscita lalma fora

 

Dove cominciò a far un gran lamento

Volendosi di la sua sorte dura

Dicendo ahime chi tha de vita spento

Dhe per chè non ponesti al mio dir cura

Ma per sentirti pien dalto ardimento

Sei stato causa di tua morte oscura

Ben che del tutto già non morirai

Ma farò si che sempre viverai

 

E in questo giorno celebra farotti

Per esser stato si vago, e gentile

Daposcia in un bel fior qui cangerotti

E mutando destin muterai stile

E per tal modo in vita tornerotti

Per non esser tennuta ingrata, e vile

E so che a me ben è possibil questo

E con la prova il farò manifesto

 

Di Proserpina le compagne fide

Lei seguitando con dolor amaro

E lamentevol pianti, et alte stride

Da glialtri, et sommi dei gratia impetraro

Et io che per me al mondo se nuccide

Di giorno in giorno, et nasce più dun paro

Impetrar non potrò quel che disio

Se sopra ogni poter è il poter mio

 

Como hebbe detto questo in man piglioe

Uno odorifer acqua la polita

E saggia, e sacra diva, e la gettoe

Del morto Adone in la crudel ferita

In ne la qual bollendo la cangioe

In un bel fior donandoli la vita

Et come nel suo corpo vivea quello

Così hor vive nel fior più che mai bello

 

Questo bel fiore, e di color rosso

Come son quelli del melo granato

Ma quando tal hor vien dal vento scosso

Cade, e cadendo un altro, e lì rinato

E così ben che spesso sia rimosso

Dal fusto onde è nodrito, e generato

Non mor perciò, per chè senza dimora

Nel suo loco un più bel ne surge fora

 

Allegoria di Adonis

La allegoria di Adonis è sì come si narra nel testo che Adonis fu uno giovine ripieno di molta bellezza edera molto lusurioso e dedito a latto carnale, et perciò dice Ovidio fabuleggiando di lui che lera fuori di modo amato da Venus dea della libidine, costui conoscendo il suo vitio, per cacciarlo da lui si dava alle caccie di continuo seguendo le indomite fiere per li densi boschi, et se affaticava molto nelli lavori et coltivazioni della terra, e dice che Venus el convertì in fiore fragile et caduco a significatione che ogni lussurioso e dato a tal vino dura poco et la experentia, è assai manifesta il perché n on bisogna dichiarare.