Titolo dell'opera: Pigmalione e la statua d’avorio
Autore: Hendrick Goltzius
Datazione: 1593
Collocazione:
Committenza:
Tipologia: incisione
Tecnica:
Soggetto principale: Pigmalione innamorato della sua statua
Soggetto secondario:
Personaggi: Pigmalione, statua
Attributi: martello, scalpello, fiori, ghirlande (Pigmalione); rigidità, nudità (statua)
Contesto: scena di interno
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Reznicek E. K. J., Die Zeichnungen von Hendrick Goltzius, Haentjens Dekker & Gumbert, Utrecht 1961, pp. 290-291. Strauss W. (edited by), The Illustrated Bartsch, 3 , Hendrik Goltzius,New York 1980,pp. 138. Davidson Reid J., The Oxford Guide to classical mythology in the arts, 1300-1900’s, Oxford university Press, New York-Oxford 1993, vol.2, p. 956. Melion W. S., Vivae dixisses virginis ora: the discours of color in Hendrick Goltzius’s Pygmalion and the Ivory Statue, in “Word and Image”, 17, 2001, pp. 153-176.
Annotazioni redazionali: Goltzius rivolge la sua attenzione alle Metamorfosi di Ovidio intorno al 1580. Egli aveva progettato una serie di 300 incisioni, di cui furono pubblicate solamente 52. Il suo lavoro si connota per l’attenzione puntuale al testo classico ed alla sua struttura. L’incisione in questione fu realizzata nel 1593 e raffigura Pigmalione nel momento in cui, terminata la sua opera, si innamora di lei. Con la mano destra le offre un mazzo di fiori, particolare presente nel testo ovidiano (Met., X, 261-262). A terra, un martello di legno, altri fiori ed una ghirlanda di rose che, posta accanto al piede dell’effigie, richiama l’attenzione sul piedistallo e sul supporto che áncora la figura e ne sostiene il peso. Posta in calce, si trova l’iscrizione latina di Franco Estius in cui si legge: “Sculpsit ebur niveum quod virginis ora gerebat/ Pygmalion, vivae dixisses virginis ora./ Ipse opus author in imagine flagrat eburna,/ Munere Acidaliae cupido dein iuncta marita est”. Il primo distico parafrasa Ovidio, il secondo dichiara che l’autore, amando la sua opera, si innamora di un’immagine. Estius conclude alludendo alla climax del racconto, quando, per mezzo dell’intervento di Venere, la statua prende vita. In un recente articolo, Melion interpreta tale incisione alla luce del tema dell’artificio di trasformazione che la connota profondamente. Lo studioso propone inoltre un’analogia tra l’arte di Pigmalione e quella di Goltzius, partendo dall’uso da parte dell’incisore del termine sculptor (infatti è firmata HGoltzius Invent. et sculp.). Tale analogia è inoltre da leggersi alla luce della teoria del colorito codificata nel Dialogo della pittura intitolato l’Aretino di Lodovico Dolce del 1557 e mediata in ambito fiammingo da van Manders. Secondo Melion, Goltzius connota la statua come artefatto per significare che esso stesso è oggetto di desiderio. L’uso della favola di Pigmalione per esprimere il potere di seduzione dell’artificio è, infatti, un concetto retorico tradizionale, basti pensare al racconto di Aristaenetus in cui è descritto il sentimento di un pittore che si innamora dell’immagine di donna da lui dipinta. La bellezza ricercata da Goltzius corrisponde ai canoni stabiliti da Dolce che invita gli artisti a riportare in vita la scultura classica. Per Dolce la maggiore ambizione dell’artista è rendere l’illusione della carne. Un ulteriore tema che informa l’incisione è il paragone tra pittura e scultura, sviluppato da Benedetto Varchi nel suo dialogo epistolare del 1547 in cui la statua di Pigmalione è citata come prova che la scultura supera il potere illusorio della pittura. Ciò è evidente per il fatto che Goltzius utilizza la statuaria classica come modello per le sue figure. Pigmalione infatti è basato sul Torso del Belvedere, mentre la statua riprende due tipi classici di Venere: la Venus Pudica, per la posa e l’ombelico in vista, e la Venus Felix, per la mano destra che sostiene un drappo. Dalla Venus Felix Goltzius mutua anche la figura di Cupido che volge il volto verso l’alto ed ha il busto ruotato. Inoltre il fatto che la statua tenga il drappo anche con la mano sinistra potrebbe derivare dalla Venus ex Balneo. Melion sostiene inoltre che la statua, simboleggiando Venere, acquisisce anche la sua connotazione di personificazione della vista e dell’arte pittorica e quindi simboleggia lo scopo centrale dell’arte di Goltzius.
Silvia Trisciuzzi