18: Pigmalione

Titolo dell'opera: Pigmalione e Galatea

Autore: Agnolo Bronzino

Datazione: 1529-30

Collocazione: Firenze, Galleria degli Uffizi

Committenza: 

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela

Soggetto principale: Pigmalione supplica Venere di concedergli una sposa simile alla sua statua

Soggetto secondario: 

Personaggi: Pigmalione, statua

Attributi: nudità (statua)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Davidson Reid J., The Oxford Guide to classical mythology in the arts, 1300-1900’s, Oxford university Press, New York-Oxford 1993, vol.2, p. 956.Costamagna P., Pontormo, Electa, Milano 1994, pp.212-213. Currie S., Secularised Sculptural Imagery, the Paragone Debate and Ironic Contextual Metamorphoses in Bronzino’s Pygmalion Painting, in “Secular Sculpture 1300-1550”, Stamford 2000, pp. 237-253.

Annotazioni redazionali:Il dipinto, coperta del Ritratto di Francesco Guardi del Pontormo, raffigura il momento dell’animazione di Galatea. La statua animata si trova sulla sinistra, mentre Pigmalione è inginocchiato in atteggiamento assorto di fronte a lei. Al centro della tela, un altare votivo. In un recente studio, Stuart Currie analizza il dipinto, soprattutto in relazione al dibattito sul paragone fra le arti, ponendo attenzione alla replica data da Bronzino stesso a Benedetto Varchi che, nel suo dialogo epistolare del 1547, intitolato le Due lezzioni,postula la supremazia della scultura sulla pittura. In esso la statua di Pigmalione è presentata come prova del maggiore potere illusorio dello scultore rispetto a quello del pittore, argomentazione che nella sua risposta Bronzino confuta a favore della pittura. Inoltre Currie si sofferma sulle fonti iconografiche del dipinto, sia classiche che contemporanee. Innanzitutto egli sottolinea il carattere polisemico della rappresentazione, manisfestato dall’immagine della statua che, come sottolinea Vasari, assume su di sé le prerogative di Venere, ricoprendo quindi un doppio ruolo. Ciò è evidente anche per il fatto che essa è rappresentata secondo l’iconografia classica della dea. Currie collega alcuni particolari del dipinto con la Nascita di Venere di Botticelli, in particolare nella posa della mano sinistra che nell’immagine di Botticelli avvicina i capelli mossi dal vento al corpo, mentre in Bronzino sorregge un drappo. La connotazione di modestia della statua, evidente nel suo rifarsi, pur con delle eccezioni, al tipo della Venus Pudica, consente di focalizzare l’attenzione sulle qualità sensoriali e tattili, elementi evidenziati da Bronzino nella sua replica laddove analizza l’importanza della tridimensionalità della scultura. Inoltre l’atteggiamento della statua animata, ed in certo senso anche quello di Pigmalione, è rispondente alla contemporanea teoria del decorum. Allo stesso tempo però Currie sottolinea come la statua non corrisponda pienamente al tipo della Venus Pudica ma, attraverso il particolare delle dita, situate sotto il drappo raccolto sul ventre, quasi ad indicare quest’ultimo, alluda ad una tematica amorosa in qualche modo antitetica al pudico coprirsi. Inoltre la posizione della statua, in tutti i suoi richiami all’arte classica, intensifica l’illusione dell’animazione e corrisponde alle osservazioni del Bronzino sulla capacità illusoria del mezzo pittorico. Un particolare interessante che Currie analizza è il dettaglio del pollice e di tutto il braccio destro che richiama il braccio sinistro del David di Michelangelo. Si tratta di una citazione consapevole e voluta di una fonte contemporanea autorevole e costituisce un parallelo visivo alla replica a Varchi che osserva che lo scultore lavora per via di levare e non di porre, a cui Bronzino risponde che le statue colossali sono costituite da diverse parti unite tra loro, in analogia con ciò che lo stesso pittore opera creando un’immagine attraverso l’unione di particolari provenienti da contesti diversi tra loro. Tra l’altro l’appropriazione di tale particolare può essere vista come la volontà di aggiungere all’immagine mitologica una connotazione religiosa secondo il tradizionale metodo di moralizzazione dell’ Ovide moralisé. Infine si può collegare ai versi ovidiani in cui Pigmalione è descritto mentre tasta le vene della statua con i suoi pollici (Met., X, 290). All’interno del dipinto, sono presenti anche altre scene metamorfiche, sotto forma di particolari scultorei che Currie definisce sussidiari. Tutti gli elementi scultorei sussidiari si trovano sull’altare posto al centro della tela. Esso è in pietra grigia ed ornato con vari motivi figurativi, il più evidente dei quali è l’altorilievo che rappresenta il giudizio di Paride. I gesti di Venere e Paride, ciascuno dei quali tiene in mano un pomo, richiamano quelli di Adamo ed Eva in un’incisione del 1504 di Dürer. E’ quindi nuovamente presente un riferimento ad un’iconografia cristiana; riferimento che Currie legge come un rovesciamento ironico. Un’ulteriore sfumatura è fornita inoltre dalle due teste di ariete sospese tra le volute alle basi dei pilastri tuscanici lisci che incorniciano il rilievo sopracitato. Anche se di importanza apparentemente trascurabile, la testa posta a destra nell’altare sembra essere una eco del trasporto emotivo dello scultore, soprattutto attraverso il contrasto con lo sguardo fisso e senza vita del suo pendant nel lato opposto dell’altare. Sopra l’altare, una giovenca avvolta dalle fiamme, come nel racconto ovidiano (Pigfc02). Essa sembra essere dorata, particolare che induce a pensare che non si tratti di un’offerta reale. Nel testo ovidiano infatti sono dorate solamente le corna delle giovenche. Currie vi legge un’ulteriore affermazione del potere illusorio e seduttivo delle immagini. Inoltre il bue nell’arte primitiva cristiana è emblema del sacrificio di Cristo, aspetto che crea un’ulteriore connessione con l’iconografia sacra.

         Silvia Trisciuzzi