10: Pigmalione

Titolo dell'opera:   Pigmalione e l’immagine

Autore:   Anonimo

Datazione:   

Collocazione:   Oxford, Bodleian Library, Ms. Douce 195, fol. 150 r.

Committenza: 

Tipologia:  miniatura

Tecnica: 

Soggetto principale:  Pigmalione giace con la statua

Soggetto secondario: 

Personaggi:  Pigmalione; statua

Attributi:  nudità, rigidità (statua)

Contesto:  camera da letto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia:  Fleming J. V., The Roman de la rose, Princeton New Jersey 1969, pp. 228-230. Agamben G., Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occudentale, Torino 1977, pp. 73-83. AA. VV., Encyclopedia Judaica, Jerusalem 1978, pp. 1014 e ss. Guillaime de Lorris – Jean de Meun, Le Roman de la Rose, versione italiana a fronte di D’Angelo Matassa G., L’Epos Palermo, 1993, 2 vol., vv. 21029-21038. Graves R., I miti greci, Longanesi, Milano 1995, p.190.

Annotazioni redazionali: La miniatura raffigura il momento in cui Pigmalione giace nel letto con la statua. Graves sostiene che Pigmalione sposò la grande sacerdotessa di Afrodite a Pafo e che tenesse nel suo letto il simulacro della Dea Bianca per garantirsi il regno di Cipro. Inoltre, poichè gli succedette il figlio nato dalla sacerdotessa, egli riuscì ad imporre la successione patrilineare ai ciprioti, elemento che concorda con la fonte apollodorea (Pigfc01). Sembra però più probabile che allo scadere degli otto anni egli rifiutasse di cedere il simulacro e sposasse un’altra sacerdotessa di Afrodite, in teoria sua figlia, in quanto erede al trono, la quale fu chiamata Metarme, che significa cambiamento, per indicare appunto questa innovazione. Il motivo del simulacro posto nel letto è di antichissima ascendenza; è presente infatti nella Bibbia in molti passi. Il riferimento più evidente è nella Genesi(31, 34), in cui si parla del teraphim, idolo familiare simbolo di potere, rubato da Rachele dalla casa del padre, fatto che ha portato alcuni studiosi ad interpretarlo come titolo per l’eredità. Tale tradizione biblica è riportata nel De sacrificiis veterum conlectanea historico-philologica et miscella critica, di Johannis Sauberti edito a Jena nel 1649 in cui, tra le varie forme di culto degli antichi, sono analizzate anche le fonti bibliche attraverso il commento di antichi scritti rabbinici. Qui è riportato il testo di Ezechiele (21,26): “Teraphim est imago loquens per artem magicam est que hora certa disposita, quam, si confecerit eam, est in ea  fermo perpetuus”.Il significato di tale idolo è in ogni caso controverso. Nel Roman de la Rose l’atto di porre la statua nel proprio letto da parte di Pigmalione acquisisce la connotazione di comportamento lussurioso ed idolatrico. Tale interpretazione ha inizio con Arnolfo d’Orléans che, nelle sue Allegorie, nega la metamorfosi della statua e accusa lo scultore di essersi unito con un simulacro (Pigfm04). La miniatura mostra Pigmalione, con le vesti da artigiano, mentre distende sul letto la statua con il busto nudo, ma il capo e le gambe coperte da un velo. Fleming sottolinea come nè il testo di Jean de Meun nè le miniature nascondano il fatto che Pigmalione si unisca carnalmente con la statua. Per l’età medioevale tale comportamento veniva definito come “fornicazione del cuore”, peccato che conduce alla perdizione. Ciò è evidente nel testo dai versi 21035-21036, che seguono immediatamente la descrizione della scena, in cui si legge “Ainsint s’ocit, ainsint s’afole, seurpris en sa pansee fole”. All’interno del Roman de la Rose la storia di Pigmalione, e questo aspetto in particolare, ha la funzione di rendere più accettabile l’epilogo in cui l’Amante capisce che l’oggetto della sua ricerca è l’immagine posta su due pilastri e simula l’accoppiamento attraverso l’uso di un bastone.

         Silvia Trisciuzzi