53: Orfeo e Euridice

Titolo dell’opera: Orfeo agl’Inferi

Autore: Frans Francken II detto il giovane (1581-1642)

Datazione: ca. 1600-1605

Collocazione: Nîmes, Musée des Beaux-Arts

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su rame (37,5×51,5 cm)

Soggetto principale: Orfeo prega Plutone e Proserpina di restituirgli la moglie

Soggetto secondario: 

Personaggi: Orfeo, Plutone, Proserpina, Cerbero, altri personaggi

Attributi: arpa (Orfeo)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Foucart J, Essai de repertoire, in “Le siècle de Rubens dans les collections publiques françaises”, catalogo della mostra, Parigi 1977-78, p. 283; De Bosque A., Mythologie et maniérisme, Michel, Parigi 1985, pp. 228, 229, nota 5 p. 301; Fohr R., in Les Métamorphoses d’Orphée, catalogo della mostra, Tourcoing, Strasbourg, Ixelles, 1994-1995, Snoeck-Ducaju e Zoon, pp. 121,122

Annotazioni redazionali: il dipinto è entrato nella collezione del museo di Nîmes nel 1948 con l’eredità Charles Tur. La scena principale segue lo schema iconografico dell’Orfeo agli Inferi di Bernard Salomon, pubblicato insieme ad altre xilografie  a Lione nel 1557 per Jean de Tournes. Orfeo coronato d’alloro, vestito all’antica, con un lungo mantello, suona un’arpa  e sta rivolgendo la sua supplica a Plutone e Proserpina affinché gli restituiscano Euridice. Plutone e Proserpina sono seduti di fronte a lui: Plutone, coronato, coperto solo da un drappo rosso, regge nella sinistra il tridente mentre con la destra indica Orfeo. Seduta accanto a lui Proserpina, che con la mano sinistra cinge la spalla del marito e con la destra indica Orfeo. I due sovrani sono seduti in trono sotto una tenda. Ai piedi di Proserpina la presenza di Cerbero è un’aggiunta di Francken perché il cane non compare nell’incisione di Salomon. In primissimo piano l’artista ha realizzato una tartaruga. Secondo Fohr (1994-95) la sua presenza va riferita al Dictionnaire mytho-hermétique di Dom Pernety (Parigi, 1787) dove è scritto che la tartaruga, animale ctonio e terreno, il cui carapace ha fornito la materia della cetra fabbricata da Hermes che l’ha donata ad Orfeo (Hygino, De Astronomia), rifugiatasi sul monte Cillene dopo aver derubato i greggi di Admeto, simboleggiava per gli alchimisti, l’inizio dell’opera di spiritualizzazione della materia. Le scene rappresentate sul fondo si rifanno sicuramente ad Ovidio (Metamorfosi, X, 40-46): “Piangevano le anime esangui mentre egli diceva queste cose e accompagnava le parole col suono della lira. E Tantalo, non cercò di afferrare l’acqua che rifluendo gli sfuggiva, e la ruota di Issíone si arrestò, attonita, e gli avvoltoi smisero di beccare il fegato, e le nipoti di Belo lasciarono stare le brocche e tu, Sísifo, ti sedesti sul tuo macigno”.  Francken ha infatti raffigurato un gruppo di tre donne, una delle quali inginocchiata, con una brocca tra le mani che guarda verso le altre due compagne, anch’esse con una brocca in mano, che a loro volta guardano verso Orfeo. Un dannato poco oltre ha smesso di far girare una ruota sopra alla quale c’è un dannato disteso. Poco più in là un dannato per terra e uno con un sacco sulla spalla, e un demone che mostra un foglio a un dannato piegato. In secondo piano a destra, un dannato seduto, uno disteso con vicino degli animali e sullo sfondo a destra le Eumenidi che corrono con le loro torce accese. Scrive Ovidio (Metamorfosi, X, 45-46): “Si narra che allora per la prima volta s’inumidirono di lacrime le guance alle Furie, commosse dal canto”. Sempre sullo sfondo, il nocchiero Caronte conduce le anime dei dannati da una riva all’altra, un patibolo e, una folla di dannati passa un ponte per penetrare in una fortezza in fiamme, utilizzata da Francken per indicare l’ingresso nella città infernale. Infatti accanto alla fortezza si vedono altre strutture architettoniche.

Maria D’Adduogo