48: Orfeo e Euridice

Titolo dell’opera: Euridice morsa da un serpente fugge da Aristeo

Autore: Ippolito Andreasi (ca. 1548-1608)

Datazione: seconda metà XVI secolo

Collocazione: Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento delle Arti Grafiche

Committenza:

Tipologia: disegno

Tecnica: penna, inchiostro marrone, inchiostro scuro,  (22,6×28,6 cm)

Soggetto principale: Euridice fuggendo da Aristeo viene morsa da un serpente

Soggetto secondario: 

Personaggi: Aristeo, Euridice, Cupido, personaggio maschile

Attributi: arco, faretra (Cupido)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: www.louvre.fr

Bibliografia: Harprath R., Ippolito Andreasi as a draughtsman, in “Master drawings”, 22, 1984, pp. 3-28

Annotazioni redazionali: il disegno è quadrettato, probabilmente per una sua riproduzione in maggiori dimensioni. L’iconografia è molto particolare per la presenza di Cupido, che dall’antichità classica fino al XVIII secolo sarà rappresentato pochissime volte nella raffigurazione della vicenda di Orfeo ed Euridice. Il pastore Aristeo viene introdotto nella vicenda dei due coniugi da Virgilio nel IV libro delle Georgiche mentre Amore come personaggio mitologico è citato da Ovidio e poi dagli autori successivi. In questo caso però l’immagine sembrerebbe fare riferimento alla Fabula di Orpheo del Poliziano, un componimento teatrale realizzato probabilmente per una festa di nozze o di fidanzamento nel 1480 circa. In quest’opera è il pastore Aristeo che racconta al servitore Mopso di come si fosse innamorato della bella ninfa Euridice e di come lei però si ostinava a fuggirgli. Aristeo durante il suo racconto viene a sapere che la ninfa è nelle vicinanze, perciò lascia la sua occupazione e corre da lei, queste le sue parole: “Non mi fuggir, donzella, ch'i' ti son tanto amico e che più t'amo che la vita e 'l core. Ascolta, o nympha bella, ascolta quel ch'i' dico; non fuggir, nympha, chi ti porta amore. Non son qui lupo o orso, ma son tuo amatore: dunque rafrena il tuo volante corso. Poi che el pregar non vale e tu via ti dilegui, e' convien ch'io ti segui. Porgimi, Amor, porgimi hor le tue ale!”. Aristeo invoca Amore, gli chiede di prestargli le sue ali e nel disegno Andreasi ha realizzato il dio dell’amore mentre ha scoccato la freccia che ha fatto si che il cuore del pastore si infiammasse per la bella ninfa Euridice. Quest’ultima sta fuggendo ma un serpente, che le si è avvolto alla caviglia, la sta mordendo. Aristeo la insegue correndo e dimenandosi e con l’indice della mano sinistra indica verso l’alto. Tra i due c’è un personaggio maschile seduto, completamente nudo che è appoggiato ad una brocca dalla quale fuoriesce dell’acqua. Potrebbe essere la personificazione del fiume presso il quale Poliziano dice che Euridice stava con le sue compagne, oppure la personificazione del fiume Proteo che nelle Georgiche di Virgilio spiega ad Aristeo il motivo della morte delle sue api.

Maria D’Adduogo