34: Orfeo e Euridice

Titolo dell’opera: Orfeo ed Euridice di fronte a Plutone e Proserpina

Autore: Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanega

Datazione: 1527-1528

Collocazione: Mantova, Palazzo Te, Camera di Ovidio, parete sud

Committenza: Francesco II Gonzaga (1500-1540)

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Orfeo prega Plutone  e Proserpina di restituirgli Euridice

Soggetto secondario: 

Personaggi: Orfeo, Euridice, Plutone, Proserpina, Cerbero, altri personaggi

Attributi: lira (Orfeo)

Contesto:

Precedenti: Giulio Romano, Orfeo intercede presso Plutone e Proserpina in favore di Euridice, Parigi, Museo del Louvre, Dipartimento delle Arti grafiche (Cfr. scheda opera 33)

Derivazioni:

Immagini: www.itis.mn.it

Bibliografia: Hartt F., Giulio Romano, Hacker Art Books, New York 1981, pp. 111-112; Oberhuber K., Giulio Romano pittore e disegnatore, in “Giulio Romano”, Electa, Milano 1989, p. 336; Verheyen E., The Palazzo del Te in Mantua. Images of love and politics, The John Hopkins University Press, Baltimora-Londra 1977, pp. 110-111; Belluzzi A., Palazzo Te a Mantova, Franco Cosimo Panini, Modena 1988; Cieri Via C., L’arte delle Metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 232-234

Annotazioni redazionali: secondo il Vasari palazzo Te fu la prima commissione che Giulio Romano ricevette  da Francesco II Gonzaga non appena arrivato a Mantova nel 1524. Il cantiere si concluse nel 1535. La gran parte degli ambienti del palazzo venne decorata a partire dal 1527, con affreschi e stucchi ideati dallo stesso Giulio Romano che si avvalse anche della collaborazione di numerosi assistenti. Oltre ai soggetti mitologici compaiono anche storie romane che celebrano le virtù del sovrano. La Loggia di Davide è l’unico ambiente con decorazioni a soggetto religioso, scelto sempre in virtù dei parallelismi con le vicende pubbliche e private del committente. All’interno del palazzo l’appartamento detto delle Metamorfosi è composto da un ingresso, dalla camera del Sole e da due stanze più piccole, la camera delle Imprese e la camera di Ovidio. L’appellativo di camera di Ovidio risale a Jacopo Strada (1567-68) il quale parlava di “pitture con historie d’intorno di fabule d’Ovidio”, ma in realtà non tutti gli episodi si riferiscono a questa fonte letteraria. Il giorno 1 agosto 1527 Agostino da Mozzanega e Anselmo Guazzi sono pagati per la pittura del soffitto, per le figure e i paesaggi di quest’ultima camera. L’8 febbraio del 1528 Andrea de Conti riceve denaro per l’esecuzione degli stucchi del camino. La funzione di questi spazi, spogliatoi e stanze da letto, risulta dal programma decorativo; nell’affresco del soffitto della camera del Sole scompare il carro del Sole e compare quello della Luna. Nella stanza detta di Ovidio si trovano scene che alludono all’amore, all’armonia, alla fertilità e al matrimonio, adatte a una camera da letto. Sulla parete orientale i soggetti sono: Apollo e Pan con Minerva, Dioniso ebbro, Venere, Satiro e Menadi; sulla parete meridionale: Orfeo ed Euridice dinanzi a Plutone e Proserpina e il Supplizio di Marsia. Sulla parete occidentale: il Giudizio di Paride, Bacco e Arianna e Ninfe danzanti con musici. La stanza insieme con quella delle imprese è decorata anche con intarsi marmorei dipinti all’antica e soffitti lignei a cassettoni dipinti. Nella fascia superiore della parete un fregio pittorico rappresenta un’intelaiatura architettonica, con riquadri, cornici e mensole che sembrano sorreggere le travi del soffitto. La stanza, coperta da un soffitto ligneo a cassettoni, ha un impianto rettangolare. I riquadri principali sono scanditi dall’alternanza di scene mitologiche e di vedute paesaggistiche. Emarginata dal nucleo monumentale di palazzo te, la camera di Ovidio è stata utilizzata a lungo come abitazione e le decorazioni hanno subito gravi danni. Le favole si svolgono contro un fondale omogeneo, molto scuro, e l’ambientazione è ridotta al minimo se non addirittura abolita. La scena con Orfeo che prega Plutone e Proserpina  di restituirgli Euridice ripete esattamente il disegno preparatorio realizzato da Giulio Romano e oggi conservato al Louvre. 

Maria D’Adduogo