32: Orfeo e Euridice

Titolo dell’opera: Orfeo ed Euridice

Autore: Nicola di Gabriele Sbraga, detto Nicola da Urbino (1480/1537-38)

Datazione: ca. 1521-1525

Collocazione: Parigi, Museo del Louvre

Committenza: Isabella d’Este (1474-1539)

Tipologia: piatto

Tecnica: maiolica istoriata

Soggetto principale:

Soggetto secondario: 

Personaggi: Orfeo, Euridice, Caronte, altri personaggi

Attributi: strumento musicale (Orfeo);

Contesto: scene all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: www.louvre.fr

Bibliografia: Liverani G., Un nuovo piatto del servito d’Isabella d’Este Gonzaga, in “Faenza”, XXV, n. 3-4-5, 1937, pp. 89-92; Liverani G., Ancora nuovi piatti del servito di Isabella d’Este Gonzaga, in “Faenza”, XXVI, n. 4; 1938, pp. 90-92; Mallet J. V. G., Mantua and Urbino. Gonzaga patronage of maiolica, in “Apollo”, 235, 1981, p. 162; Mallet J. V. G., The Gonzaga and ceramics, in “Splendours of the Gonzaga”, a cura di Sanderson Chambers D., 1981; Negroni F., Niccolò Pellipario: ceramista fantasma, in “Notizie da Palazzo Albani”, 14, 1985, pp. 13-20; Palvarini Gobio Casali M., La ceramica a Mantova, Ferrara 1987, pp. 184-190; Palvarini Gobio Casali M., Il mito di Orfeo nelle maioliche di Nicola d’Urbino, in “Orfeo. Un approccio pluridisciplinare”, (a cura di Guerra B.), Edizioni Bottazzi Suzzara, Mantova 1990, pp. 89-94; Benini M., Il servito di piatti di Isabella d’Este e Nicola da Urbino, in “Antichità viva”, 3, 1991, pp. 39-44; Malacarne G., Il segno d’Isabella: stemmi, motti, imprese, in “Isabella d’Este: la primadonna del Rinascimento”, a cura di Bini D., Modena 2001

Annotazioni redazionali: il pezzo proviene dal prestigioso servizio di maioliche istoriate commissionato da Isabella d’Este Gonzaga, duchessa di Mantova. Oggi si conoscono 21 pezzi conservati in collezioni americane ed europee. Nessuno dei pezzi è firmato o datato, ma la maggior parte degli studiosi oggi tende ad attribuirli a Nicola da Urbino. Dalla seconda metà dell’800 fino al 1968 il servizio era stato attribuito a Nicola Pellipario identificato come Nicola da Urbino. Nel 1968 Wallen dimostrò che in realtà Nicola Pellipario e Nicola da Urbino erano due artisti distinti, ma soprattutto che Pellipario era molto probabilmente un conciatore di pelli. Inoltre è opinione comune che il servizio sia stato realizzato dopo la morte del marito di Isabella, Francesco Gonzaga, nel 1519. Anche per la scelta dei soggetti dipinti sui pezzi del servizio, tratti dalle Metamorfosi di Ovidio,  si è pensato ad un legame con la morte e la risurrezione. La data di esecuzione più probabile sarebbe da collocare tra il 1521 e il 1525. Ciascun pezzo riporta lo stemma araldico bipartito Gonzaga-d’Este. Nella maggior parte dei casi lo stemma sostenuto da due putti si trova al centro, in altri si trova decentrato sospeso ad un albero o ad un muro. Compaiono poi il motto di Isabella “NEC SPE NEC METU” (né speranza né timore), il numero 27 in numeri romani, l’alfa e l’omega e il monogramma YS. Nel caso del piatto con la storia di Orfeo ed Euridice, il centro è occupato dallo stemma Gonzaga-d’Este sostenuto da due puttini alati. Al di sotto il cartiglio con il numero XXVII. Il mito, si svolge lungo il bordo del piatto. A sinistra,  si vedono delle scale che conducono a quella che sembra essere la loggia di un palazzo. Sul primo scalino ci sono due personaggi entrambi vestiti all’antica: uno è girato di spalle e con il braccio destro cinge la vita del secondo, che è posto frontalmente all’osservatore e nella mano sinistra regge una fiaccola che fiammeggia pochissimo. Potrebbe essere Imeneo, il dio delle nozze, la cui fiaccola secondo Ovidio non riuscì a fiammeggiare, mandando così tanto fumo da far piangere, oppure potrebbe essere un invitato alle nozze, dei quali è detto nell’Ovidio Metamorphoseos vulgare di Giovanni de’ Bonsignori  (1375/77) che portavano torce accese o altri lumi in occasione di nozze. Nella loggia si vedono altri personaggi: uno vestito di blu, con lunghi capelli e coronato forse d’alloro, altri tre personaggi maschili con lunghe barbe bianche, non identificabili, e una donna. Molto probabilmente l’uomo vestito di blu e la donna sono Orfeo ed Euridice nel giorno delle nozze poiché opere precedenti mostrano il matrimonio dei due sotto una loggia. La narrazione prosegue in senso antiorario, infatti a destra l’artista ha raffigurato l’episodio di Euridice che correndo viene morsa da un serpente. Accanto alla donna, compare un uomo vestito di blu, che sta correndo anch’egli, con le braccia rivolte verso l’alto. Non  è chiaro se sia Orfeo oppure il pastore Aristeo. Una formazione rocciosa sulla quale degli alberi sostengono il tondo con il monogramma YS intrecciato,  divide questa scena da ciò che accade sullo sfondo dove è riconoscibile l’episodio successivo alla morte di Euridice: Orfeo prega Caronte, il nocchiero delle anime, di accompagnarlo dalla riva opposta dello Stige, per poter raggiungere i signori degl’inferi. Orfeo è posto di spalle, e sta suonando uno strumento. Caronte è in una barca e sta remando lungo le acque del fiume infernale. Oltre il fiume si vede una città interamente lambita dalle fiamme: è il Regno degl’Inferi che Orfeo dovrà raggiungere per cercare di riavere la moglie. L’episodio della supplica di Orfeo a Caronte non compare in Ovidio, dove il traghettatore è citato solo in secondo momento, quando Orfeo dopo aver perduto Euridice per la seconda volta, si reca nuovamente sullo sponde dello Stige, ma Caronte non gli permette di passare una seconda volta (Ovidio, Metamorfosi, X, 72-73).

Maria D’Adduogo