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GIUSEPPE HOROLOGGI, Annotazioni a Le Metamorfosi di Ovidio ridotte da Giovanni Andrea dell’Anguillara in ottava rima, Lib. X

Testo tratto da: www.bibliotecaitaliana.it

Annotationi del Decimo Libro

La favola di Orfeo ci mostra quanta forza, e vigore habbia l'eloquenza, come quella che è figliuola di Apollo che non è altro che la sapienza; la lira datagli da Mercurio, è l'arte del favellare propriamente, laquale a simiglianza della lira va movendo gli affetti co'l suono hora acuto, hora grave, della voce e della pronuntia, di maniera che le selve, e i boschi si movono per il piacere che pigliano di udire la ben'ordinata, e pura favella dell'huomo giudicioso, non sono altro i boschi e le selve, che quegli huomini che sono cosi fissi, et ostinati nelle loro opinioni, che con grandissima difficoltà ne possono essere rimossi, i quali al fine si lasciano vincere dalla soavità della voce, e dalla forza delle parole, propriamente questi tali sono figurati per gli arbori che fanno le selve e i boschi, perche si come questi hanno le loro radici ferme, e profonde, cosi quelli fissano, e profondano nel centro dell'ostinationi le opinioni loro; ferma ancora Orfeo figurato per l'eloquente i fiumi, che non sono altro che li dishonesti, e lascivi huomini che quando non siano retirati dalla forza della lingua dalla loro infame vita, scorrono senza ritegno alcuno sino al mare, che è il pentimento, e l'amarezza; che suole venire subito dietro a i piaceri carnali. Rende Orfeo ancora mansuete e benigne le fiere, che sono gli huomini crudeli, & ingordi del sangue altrui, perche sono ridotti dal giuditioso favellatore a piu humana e piu lodevole vita; ama l'eloquente & è amato da Euridice, laqual figuraremo per la concupiscenza naturale, che passeggiando per i prati quali sono i suoi propri desideri; fugge da Aristeo che è il loro freno, come quello che desidera di tornarla a piu alti e piu lodevoli pensieri; e fuggendo more ferita dal serpente, che non è altro che quello inganno che stando nascosto nelle cose temporali, coglie tutti gli huomini che vivono in diverse maniere; morta la concupiscenza nelle sue proprie passioni è condotta all'inferno, Orfeo come suo verissimo amico che è il giuditioso parlatore, che con efficace persuasioni tenta di ritornarla di sopra alla virtù; e tornandovela; si rimira incautamente in dietro; e la perde di nuovo, perche non fa bisogno rimirar indietro, ma sempre inanzi; lo scendere di Orfeo all'inferno è l'huomo saggio, e prudente che non deve mai per qual si voglia concupiscenza partirse dalla contemplatione delle cose alte, per mirare le cose basse, e temporali e compiacerse in esse.