14: Mirra e Cinira

Titolo dell’opera: Myrrha si vuole impiccare innamorata di suo padre

Autore: Gabriele Simeoni

Datazione: 1559

Collocazione: La vita et metamorfoseo d'Ovidio figurato et abbreviato in forma d'epigrammi da M. Gabriello Symeoni con altre stanze sopra gl'effetti della luna: il ritratto d'una fontana d'overnia: et un'apologia generale nella fine del libro dell'illustrissima signora duchessa di Valentinois a Lione, per Giovanni di Tornes, Typographo Regio, libro X

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Mirra si impicca ma viene salvata dalla nutrice

Soggetto secondario:

Personaggi: Mirra, nutrice

Attributi:

Contesto: camera di Cinira

Precedenti: Bernard Salomon, Mirrhe se veut pendre, La Metamorphose d’Ovide figuree, libro X, Lyon 1557

Derivazioni: Virgil Solis, Myrrha sibi laqueo morte consciscere cupit, xilografia, 1563 (Cfr. scheda opera 18)

Immagini:

Bibliografia: Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, pp. 216-218.

Annotazioni redazionali: L’opera di Gabriele Simeoni contiene al suo interno le stesse incisioni presenti nel precedente testo francese scritto da Bernard Salomon intitolato La Metamorphose d’Ovide figuree; i due scritti sono tra loro molto collegati, ma si distanziano in alcuni particolari: Simeoni adotta un criterio di numerazione progressiva delle singole unità narrative, numeri che sono posti accanto al titolo in alto a destra; Simeoni inoltre rilegge molte favole ovidiane dando loro un’interpretazione morale, cosa che non interessa però il mito di Mirra. La prima delle tre xilografie (numero 129) che illustrano questa favola, è ambientata nella camera di Mirra, la fanciulla si dispera perché la passione amorosa verso suo padre la travolge e decide di togliersi la vita impiccandosi con una corda; la nutrice che veglia su di lei ogni istante si accorge dell’atto scellerato, accorre nella camera e la salva. A destra è rappresentata la nutrice che libera Mirra dalla corda che le stringe il collo, mentre a sinistra la fanciulla sconvolta è a terra sostenuta dalla vecchia.  Alcune fonti narrano che fu la dea Afrodite a provocare questo amore così meschino e vergognoso, la fanciulla infatti venne punita dalla dea, perché la trascurava negli omaggi (come racconta Paniassi di Alicarnasso), oppure perché sua madre Cencreide la diceva più bella di tutte, persino della stessa Afrodite (come in Igino e Lattanzio). 

Valentina Leonardi