07: Mirra e Cinira

Titolo dell’opera: La nascita di Adone

Autore: attribuita prevalentemente a Tiziano Vecellio

Datazione: 1510 ca.

Collocazione: Padova, Museo civico

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tavola (162 x 35 cm)

Soggetto principale: nascita di Adone

Soggetto secondario: Idillio tra Venere e Adone (a sinistra), Venere che contempla il fiore in cui Adone è stato tramutato (a destra), Adone a caccia con i cani (sullo sfondo).

Personaggi: Mirra (albero), Adone, Lucina, Naiadi, Venere, cani

Attributi: albero (Mirra); fiore (Adone)

Contesto: ampio paesaggio con caseggiati sullo sfondo e bosco ai lati

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.abcgallery.com/T/titian/titian2.html

Bibliografia: L’opera completa di Tiziano, a cura di Cagli C., Valcanover F., Rizzoli, Milano 1969, p. 89; Gentili A., Cieri Via C., Mito e allegoria nelle immagini del primo ‘500 a Venezia in I tempi di Giorgione, a cura di Maschio R., Gangemi editore, p. 262; La Quadreria Emo Capodilista 543 dipinti dal ‘400 al ‘700, Padova, Palazzo della Ragione, Maggio-Settembre 1988, Mondadori-De Luca editori, p. 63.

Annotazioni redazionali: L’opera raffigura al centro il momento in cui Mirra, trasformata in albero, partorisce dal suo tronco un bellissimo bambino di nome Adone, il parto è favorito dall’intervento di Lucina, dea protettrice delle partorienti, e delle Naiadi, che vediamo rappresentate tutte intorno all’albero assistere all’evento, mentre la dea estrae dal tronco il neonato dopo aver spaccato la corteccia. Ai lati della scena principale troviamo rappresentati due ulteriori episodi, che spostano l’attenzione sul mito di Adone: a sinistra l’idillio amoroso tra Venere e il bellissimo fanciullo, mentre a destra è rappresentata ancora Venere che contempla il fiore in cui Adone si è tramutato. Il pannello presenta un accentuato carattere rituale, dovuto all’abbinamento di tre scene emblematiche in cui i personaggi Mirra, Venere e Adone mettono in atto un complesso processo di natura dove alberi, fiori e stagioni sono protagonisti. L’autore utilizza questo mito per mettere quindi in scena l’allegoria del tenace legame che unisce l’umanità alla natura, tale ciclo è come quello della vita: mai si interrompe; ciò spiega anche il motivo per cui, nel pannello, non vediamo rappresentata la scena con la morte di Adone, solo sullo sfondo si intravede la figurina del cacciatore accompagnato dai suoi cani, ma non c’è traccia della tragica morte del bellissimo fanciullo.L’autore segue nella rappresentazione in modo fedele le Metamorfosi di Ovidio, ma sceglie di tagliare gli episodi in un modo del tutto anti-narrativo per concentrarsi su un programma iconologico che corrisponde all’esaltazione della natura come vita: Mirra, infatti, dà alla luce un bambino vivo e bellissimo nonostante sia ormai a tutti gli effetti un albero. Le immagini vengono dunque caricate di significati allegorici mistico-religiosi e il mito diviene un esoterico rituale. La tavola era in origine un fronte di cassone ed era abbinata ad un’altra di uguali dimensioni raffigurante la morte di Polidoro, soggetto anche questo tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. Per quanto riguarda l’autore che le ha eseguite, la ricca vicenda attributiva si può scindere in due correnti: la prima, rappresentata dai due studiosi italiani Adolfo e Lionello Venturi, i quali dopo le prime attribuzioni a Giorgione e Romanino, tendono in seguito a giudicare le tavole di mano del giovane Tiziano in un momento ancora sotto il potente influsso del maestro Giorgione (1506-1508); diversamente la critica straniera non concorda con tale attribuzione, il Berenson le pensa di mano di un seguace di Giorgione, Panofsky e Ballarin li assegnano a Tiziano, ma collocate all’interno di una tematica giorgionesca nel quale Tiziano comincia ad accostarsi alla lezione di Durer, ciò è da notare nella definizione degli elementi del paesaggio, mentre nelle figure viene dato un forte risalto al colore, con dei modi che corrispondono ad una presa di posizione anticlassica che va allontanandosi pian piano dai modi di Giorgione. La tavola pervenne nel museo di Padova con il legato Emo Capodilista del 1864, negli inventari della famiglia Capodilista compariva come opera di Giorgione.

Valentina Leonardi