01: Mirra e Cinira

Titolo dell’opera: Mirra

Autore:

Datazione: II secolo d.C.

Collocazione: Roma, Museo Vaticano, Sala del Sansone

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Mirra

Soggetto secondario:

Personaggi: Mirra

Attributi:

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Borda M., La pittura romana, società editrice libraria, Milano 1958, p. 283; Nogara B., Le Nozze Aldobrandine i paesaggi con scene dell’odissea e altre pitture murali antiche conservate nella Biblioteca Vaticana e nei Musei Pontifici in Collezioni archeologiche, artistiche e numismatiche dei Palazzi Apostolici, vol. II, Milano 1907, p. 55-60.

Annotazioni redazionali: Dalla Villa romana Numisia Procula, situata nella zona di Tor Marancia presso Porta San Sebastiano, proviene l’affresco che raffigura l’eroina Mirra, conservato nella Sala del Sansone al Museo Vaticano. Il dipinto fa parte di una serie di cinque figure femminili e l’origine di questo ciclo figurativo va rintracciata nell’ambiente alessandrino del II secolo d. C.; le eroine sono identificate dai nomi scritti accanto a caratteri capitali, a destra o a sinistra del corpo: Pasifae, Scilla, Canace Fedra e Mirra. Ciascuna di esse è rappresentata isolata dalle altre, al centro di un astratto fondo chiaro, appaiono esitanti di fronte al crimine che stanno per compiere, in una situazione psicologica simile a quella della famosa Medea di Ercolano, le pose delle figure sono varie: Pasifae accanto al toro, Scilla sulle mura di Megara, Canace in procinto di uccidersi. Mirra, invece, si differenzia dalle altre poiché in essa c’è un maggior contrasto tra l’impulso dinamico e una certa immobilità che la cristallizza e più che in atto di meditare sembra essere rappresentata in atto di fuggire esterrefatta, il suo corpo è, infatti, piegato a destra, mentre la faccia e gli occhi sono volti a sinistra, come fa chi viene inseguito e teme di essere raggiunto; le braccia piegate sui gomiti sono anch’esse rivolte a destra. Il momento della favola che l’artista sceglie di rappresentare è quello che segue il misfatto: Mirra sta fuggendo dalla camera del padre perché è stata scoperta da lui e si salva con la fuga repentina; mentre le altre eroine rappresentate sono in procinto di compiere il crimine, Mirra l’ha già compiuto e fugge disperatamente per non essere raggiunta e uccisa da suo padre. L’eroina veste un chitone rossastro con un manto giallo che le scende dalla spalla sinistra, porta un’armilla omerale d’oro liscio sul braccio destro, a sinistra del corpo è iscritto il suo nome. Tutti gli affreschi vennero staccati dalla parete della Villa di Tor Marancia nel corso dell’Ottocento e le eroine furono incassate in una fodera di legno con larga cornice dorata e riparate da vetro, posano ciascuna su una coppia di sostegni a forma di grifi. Nonostante lo stacco Mirra si presenta in uno stato di conservazione buono, i colori giallo e rosso delle vesti sono ben distinti, né appaiono ritoccati, solo una screpolatura attraversa l’angolo destro, poco sopra il piede destro. Le pitture sono posteriori al 123 d.C. (questa è infatti la data che recano i bolli dei mattoni usati per la costruzione della villa), ma l’analisi della cattiva ortografia e della forma dei caratteri delle iscrizioni, rivela che l’esecuzione degli affreschi è da spostare più verso il III secolo, queste rappresentazioni risentirono sicuramente di alcuni caratteri tipici di ambito alessandrino, quando si sviluppò quel genere teatrale che privilegiava il monologo come momento psicologicamente più intenso e meditativo da mettere in scena, momento che rispecchia l’atteggiamento e le pose che caratterizzano queste eroine.

Valentina Leonardi