1522
NICCOLÒ DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa,Venetia, 1522, X
DE MYRRHA
Pighmaleon con la sua sposa giacque,
E come vuolse il ciel la ongravido e
Di la qual Papho il bel fanciullo nacque
Pel cui l’isola Papho si nomoe
Di questa como al sommo Giove
piacque
Il re Cinara corona portoe
Il qual visso farebbe senza duolo
Se non avrebbe avuto alcun figliolo
Costui per sua disgrazia hebbe una figlia
La qual per nome fu chiamata Myrrha
Molto lasciva, e bella meraviglia
Più di quel chio la lodo in la mia lira
Ma tu che m’odi altro camin repigia
Ne ti mover con me per questo ad ira
O amico, o parente che tu sei
Per non udir quel che dir non vorrei
Dir non vorrei duna empia meretrice
E pur ne dirlo qui sforzato sono
Misera, dolorosa, & infelice
Pero da tutti voi chiedo perdono
Che mi udiranno quel che dir non lice
Cantar di questo nostro flebil sono
E ben chel vero sia non lo crediate
Che usar si possi tal sceleritate
Ne le parti di Arabbia se ritrova
Ogni generation di spetiarie
Salvo la Myrrha che per cosa nova
Gli vo mandarli con le rime mie
E inverita non poco al cor mi giova
Di poter per le immense gerarchie
Giurar che in Thracia la dove son nato
Mai fu ne non vidi tanto peccato
O Myrrha qual cagion de tanto errore
Fu che col padre usar ti costringesse
Perché se tu vuoi dir chel fusse amore
Tu menti, che se amor far lo potesse
Del nostro arbitrio ne trarrebbe fuore
Percio le frodi tue son troppo espresse
Ch’amor peccar la figlia con il padre
Non fa, ma le sue voglie inique, e ladre
Myrrha sapeva ben che era peccato
E fra se stessa piangendo dicea
O Dei, o giuramento consacrato
De li parenti, o legge iniqua, e rea
Dhe chi m’havrete voi per padre dato
Come natura consentir potea
Di lasciarmi da quello generare
Per che del mi dovessi innamorare
La natura vuol pur che ogni animale
Usi con la sua specie carnalmente
Drago con drago, cingila con cingiale
Senza guardar ne padre, ne parente
E perche adunque questo tanto male
Se, sol pensato l’ha l’humana gente
Lei nol concede,& e io seguirlo voglio
Ne di tal opinion mai non mi toglio
Poi la ragion contraria a lapetito
Tornando in se medesima la tapina
Li facea dir con dolor infinito
Ahi Myrrha questa e pur la tua ruina
È da ciascun serai mostrata a dito
Per la più sciagurata, e piu meschina
Donna che nacque in questa carcer scura
Orror del mondo, infamia di natura
E per tanto mal non consentire
Come una pazza, e non innamorata
De la cittade si volea partire
Per fuggir quel a chera destinata
Ma lapetito non la lasso gire
E la sua iniqua volontà sfrenata
Ponendoli nel cor se te ne vai
Il tuo bel padre piu no abbraccerai
Da questi al tutto sugiugata, e vinta
Fu la ragion, e in la citta ristoe
Si da lor come fu subito estinta
Che in ella giamai piu non si trovoe
Cosi con faccia di terro dipinta
Un di fra gli altri da suo padre andoe
Chera da molti per la dolorosa
Stato richiesto, e la volean per sposa
Per questo il padre che molto l’amava
Dun pur amor si come amar si suole
Una figliola spesso la baciava
Poi li diceva con dolci parole
Che li volesse dir quelli li aggradava
Dognun di quei che per sposa la vuole
E lei piangendo nulla rispondea
Ma con le braccie al col stretto il tenea
Pensava il re che la figlia piangesse
Per tema di la sua verginitade
Come fanciulla ch’anchor non sapesse
Carezze a lusingar per sua boutade
Dicendo figlia mia no haver paura
Di quel che dio comanda, e la natura
Dimmi pur qual ti aggrada, e quel tu vuoi
Per sposo lo haver di quei che than richiesta
Et a me lassa tutto il penser poi
E tu vivi in sollazzo, in gioia, et in festa
Rispose Myrrha al re vi vorrei voi
Chinando per vergogna in giu la testa
Et lui credea che per filial amore
Cio li dicessi, et non per altro errore
Poi come fu la notte sopra giunta
E che si ando ciascuno a riposare
L’afflitta Myrrha dal dolor compunta
Si comincio soletta a lamentare
havendo invidia a chiunque ben defunta
dicendo ahi lassa me che deggio fare
in questa vita senza sperar mai
dadiumpir quel che mi fa star in guai
cosi senza di morte aver paura
al tutto de morir deliberassi
e piglio presto in man una centura
e da lun capo il col stretto legassi
e l’altro ad una trave alta, e sicura
da la qual dopo giu cader lasciassi
e rimase suspesa in gran tormento
con ambo, i piedi percotendo il vento
per sua ventura in quel punto in ciambra era
una sua molto fida balia entrata
che la serviva come cameriera
e come figlia l’aveva alevata
la qual vedendo con turbata ciera
Myrrha a quel trave per il col legata
La cintura taglio con fretta molta
Et la campo da morte quella volta
Poi con dirotto pianto la cagione
Li dimando ch’a si crudel effetto
L’aveva condotta, e che disperatione
Che visispendio, ingiuria, e che dispetto
Senza aver dessa alcuna compassione
La conduceva a fin si maledetto
Da perder per un poco di dolore
La vita, il corpo, e l’alma, con l’honore
Myrrha per il dolor chel cor li afferra
A la nutrice sua rispose nulla
Anzi el viso tennea verso la terra
Che di tenebre sol par si trastulla
E la balia che in cio da gran lunga erra
Soggiunse, e disse ahi misera fanciulla
Scoprimi el tuo dolor, che giova molto
Sfocar quel che si tien nel cor sepolto
Per queste poppe le qual ti nudriro
Per le fatiche c’ho per te portate
Per ogni affanno, per ogni suspiro
Per le notti infinite vigilate
Per li miei stanchi piedi che gia giro
Di su, e di giu correndo tante fiate
Per te, ti prego che mi vogli dire
La cagion qui che ti facea morire
Per ch’io comprendo, e vedo veramente
Che qualche infernal furia te guidava
A morir qui cosi miseramente
Se per disgrazia tua non ci arrivava
E se mel dici sta sicuramente
Chio ti trarro in questa doglia prava
Per via duna mia amica c’ha potere
Da scacciar d’ogni mente ogni spiacere
E s’alcun dio s’era con teco irato
Se me lo dici noi lo placheremo
Si che non star col cor tanto indurato
Cha ogni tuo mal rimedio troveremo
Tu sei regina pur di questo stato
Essendo figlia d’un re tanto supremo
Come tuo padre, & hai la madre viva
Che aguagliar si potrebbe ad ogni diva
Quando Myrrha udi’l padre nominare
Nel cor gli crebbe la passion maggiore
E comincio pur forte a lacrimare
Gettando un gran suspir del petto fuore
Tal che la balia se meravigliare
Et giudico che tutto il suo dolore
Pricedesse d’amor intenso, ond’ella
Ricomincio da novo a pregar quella
Che li volesse dir senza sospetto
E tema aver di chi era innamorata
Che gli farebbe haver a suo diletto
Pur che non stessi sì di sconsolata
Ne mai per alcun tempo l’haria detto
Al padre suo, ne ad altra al mondo nata
Persona alcuna, e che tanto l’amava
Che sol il suo disio desiderava
Myrrha chel caro padre un altra volta
Da la nutrice sua nomar intese
Il capo alto levo con fretta molta
E di rossor in faccia si accese
Poi li rispose con furia disciolta
Partire via da me che far palese
Non posso quel che tu vorresti udire
Che per vergogna non lo posso dire
Alhor la balia molto dubitoe
E lacrimava mesta, e adolorata
E da novo assai piu la ripregoe
Che dir li reggia de chi è innamorata
E dagiurarla ancora li giuroe
E se non gliel dira con mente irata
Li giuro a dio de dirglielo a suo padre
E a lui manifestar lo pre sue ladre
Udendo Myrrha a la balia dir questo
Quasi sforzata se dispose allora
Ogni suo penser farlo manifesto
E quel caldo disio che si lacora
E apri per cominciar la bocca presto
Ma non puote parola mandar fuora
Per la vergogna salvo con gran guai
Beata madre che si bel sposo hai
Ahlor la balia ne fo piu che certa
Che del padre era innamorata Myrrha
E come astuta, e di tal casi esperta
La prega, e tuttavia piagne, e sospira
Che accio non sia tal cosa discoperta
In tal parte col pensero aspira
Che questo era si horrendo, e gran peccato
Che dio non gli l’haria mai perdonato
Myrrha rispose noo mi so trar fuori
Di quello fallo, e veggio il mio fallire
Disse la balia ivoglio che tu mori
E giuro a dio che ti faro morire
Poi che torto me dai tanti dolori
E vederti ahime dio cosi languire
Per quel che t’ha nel mondo generata
E sel non fusse non seresti nata
Altre parole assai disse costei
E che proprio a suo padre gliel diria
E tutto quel che oprava, facea lei
Per trarla fuor da quella fantasia
Ma poi che vide di tal penser rei
Non la poter rimover maledia
La sua disgrazia, e fu deliberata
Di far si che ristasse consolata
E perche allora pur si celebrava
Di la dea ceres la mirrabil festa
Per nove giorni ciascun li guardava
Di non usar con la sua dama onesta
Onde ciascuna donna ornata andava
Al tempio de la dea sacra, e modesta
E stavan per quei di ne li suoi siti
Lontane de le genti, e da mariti
A questa nobil fasta al mondo rara
Per disgrazia de Myrrha, o per ventura
Gli ando la moglie de lo re Cinara
Madre de Myrrha con solenne cura
Onde la balia c’havea Myrrha cara
Lassando da una parte la paura
Ando dal re che era sei giorni stato
Senza averli dormito donna a lato
Et a lui disse sacra maestate
Come potete tanti giorni stare
Senza aver donna a lato in questa etate
Si ben poterne un paio contentare
Il Re pispose a quella invertiate
Che a gran fatica li posso durare
Alhor la balia con dolce favella
Disse vi vo menar qui una donzella
La qual e molto vaga, e dilettosa
Et piu che gli occhi suoi vi ha caro, & a
Ma p esser puncella, e vergognosa (ma
Como esser suol ogni giovane dama
Di notte la leggiadra, e graziosa
Voro menarvi se n’havrete brama
E condurvela al scuro sin al letto
Per pur adempir a pien vostro diletto
Rispose il Re sopra la fede mia
Che se sta notte qui la manerai
Non sero ingrato di tal cortesia
Perche molto servito mi farai
Cosi la balia da lui si partia
E come fur del sol ascosi i rai
A Myrrha disse le per giunta l’ora
Di por fin al dolor che si t’accora
Et li narro quel cho perato havea
Col padre suo tal ch’ella rallegrassi
Ma perche la ragion la combattea
Nel suo coraggio alquanto ratristossi
Chel gran peccato che sequir vedea
Harebbe i duri sassi a terror mossi
Quando la balia in quel pensero strano
La piglio presto per la dritta mano
E seco la meno senz’alcun lume
A mezza notte dove l’aspettava
Il padre in letto como a suo costume
E mentre che ha la ciambra si aspettava
Del ciel ogni divino, e chiaro nume
Per non vedere quella opra iniqua, e prava
E l’empio vituperio di natura
Si ascose, & se la notte assai piu oscura
Tutte quante le stelle ad una ad una
Sur da le dense nubbe ricoperte
E la ritonda, & non cornuta luna
Per far l’occulte insidie a tutti avverte
Si che non fu nel ciel piu luce alcuna
Di quante son li fu stabile, e certe
Che per vergogna, e per compassione
Non si oscurasse, Icaro,& Erigone
DE MYRRHA MUTATA
IN ARBORE
Molti prodigiosi e strani segni
In questa andata occorser come accade
A chi adimpir vol lor penser maligni
Seza timor de dio pien di boutade
Fra gli altri da spavir tutti gli ingegni
Fu che tre volte la tapina cade
Ne l’entrar de la ciambra, e segno dato
Da dio, per far palese il gran peccato
In tanto chella comincio non poco
A temer di tal segni cosi strani
Ma per sfocar damor l’acceso foco
el disio li facea riputar vani
Hor cosi ne la fin prevenne al loco
Dov’era il padre, e con sermoni umani
Disse la balia piglia questa sola
Tua fida amante, e non dissi figliola
Il Re salir la fece sopra il letto
e la baila da lor combiato tolse
ed ello per dar fin al suo diletto
a la figliola subito si volse
e poi che gli hebbe maneggiato il petto
e a suo piacer baciata quanto vuolse
carnalmente uso seco il sfortunato
senza avedersi con chi havea peccato
e perche per l’error, e per la tema
Myrrha tremavaal padre ne le braccia
Ed ello con la prudentia troppo estrema
La confortava, e piu stretta l’abbraccia
E dicea figlia mia car, & suprema
Non dubitar baciandoli la faccia
Lui dicea figli, non perche sapesse
Chi l’era, ma perche piu ardir avesse
Come fu stata quasi a presso il giorno
L’iniqua figlia col padre inocente
Da lui se diparti senza soggiorno
E a la balia torno subitamente
Poi l’altra notte vuolse far ritorno
E gravida era gia la fraudolente
Quando pel Re per non parer da cieco
Vuolse veder chi havea giaciuto seco
Onde comesse ad un suo servitore
Che senza indugia un lume li portasse
Che udendo Myrrha con tremante core
Ge lo vierava ben che non parlasse
Per non far manifesto a lui lo errore
Che si pensava ch’impunito andasse
Ma’l giudizio de dio se tarda un poco
Suol sempre poi vennir a tempo e loco
El servitor porto senza dimora
Dal suo signor un torchio acceso al letto
Col qual vide la figlia ch’usci fora
Di quel, fuggendo per tema, e sul petto
Il Re che la riconobbe allora allora
Piglio una spada, e senza alcun rispetto
La seguito, ma per la notte oscura
Non la puote trouvar per sua ventura
Myrrha de la citta shebbe sparita
Calcando la minuta, e tritta sabbia
E tanto ando eon doglia inaudita
Ch’in le corrate al fin giunse de arabbia
E dal lungo viaggio indebolita
Ne la citta Sebea nentro con rabbia
Per il gran corpo che noia tifacea
Tal che a fatica muoversi potea
E vedendosi giunta a passo tale
Comincio i dei umilmente a pregare
Dicendo a lor s’un humil prego vale
Duna iniqua pentita del male fare
Per non esser di me piu omicidiale
Pregovi mi vogliati agiuto dare
Accio non resti di soccorso priva
Si chio non mora, e che non resti viva
Per chi conosco ben chio non son degna
De viver piu nel mondo tra la gente
Ne morir, che quest’alma è molto indegna
Di congiungersi ad altra veramente
Tanto fu scellerata, empia, e maligna
Como sapete la mia iniqua mente
Pero trattemi accio chio mi conforti
Fuor del regno de vivi, e anchor de morti
Li Dei mossi a pieta del suo tormento
Nel arbor de Myrrha la cangiaro
Il qual ben che non abbi sentimento
Pur piagne sempre il suo peccato amaro
Per l’humor che distilla a quel chio sento
Goma nomato odorifero, e chiaro
Da la cortice sua continuamente
Bon a bisogni de l’humana gente
E pero disse con dolce sembiante
Orpheo nel principiar questa canzone
O Arabbia certo sei pur abbondante
De odori, e spetiarie dogni ragione
Et hor mandarti vo fra le tue piante
Che tutte sono veramente bone
Col mio cantar la Myrrha c’ha un odore
Molto soave, e amaro il suo liquore
Accio per lei sian meglio conosciute
Le cose dolci chin te se ritrovano
E che con piu riputation tennute
Sia da color chal mondo piu li giovano
E con maggior custodia possedute
Che i tristi per i buoni se riprovano
Come fu Myrrha in arbor convertita
Che non mori, ne non rimase in vita.
ALLEGORIA DE MYRRHA
La allegoria de Myrrha e che in gretia fo una chiamata Myrrha e fu figliola dello Re Cinara. La quale innamorata del padre con inganni hebbe a far con lui per la qual cosa lui accortosi do quella la vuole uccidere. Ma ler fuggì, e capito in Arabbia e come disperata se appicco ad un arbore nomato Myrrha. Mentre era cosi impesa a quello una donna a caso la trovo e udendola gravida gli apri il ventre e trascegli fuora uno figliolo maschio chera vivo il quale fu poi nominato Adonis. Dice Ovidio che Venus se innamoro de lui, cioe per che fu molto lussurioso.
DELLA NATIVITA DE ADONIS
A Myrrha chera in arbore cangiata
Il corpo comincio molto a gonfiare
Gravida essendo la di sconsolata
E perche non poteassi lamentare
Ne a tal bisogno si com’era usata
Ogni donna lucina a se chiamare
La dea di parti, tanto dimenasse
Che la lintese, e a vennir la commosse
Giunta lucina a lei senza dimora
Sapri del tronco lindurata scorza
Di la qual trasse presto un fanciul fora
Con le sue man la dea quasi per forza
E le naiade lo pigliarono allora
E pria che la madre altronde il torza
Con le lacrime sue tutto bagniollo
E odorifero il fece, & via portollo
Costui de la sorella, & madre nato
Fu da quelle Naiade come ho detto
In gran delicatezze nodrigato
E venne tanto vago giovinetto
Chel piu bel non fu visto in terra nato
Ne cacciator piu ardito, e piu perfetto
Tal che l’invidia propria veramente
L’haria lodato tanto rea eccellente
Il qual soletto per gl’incolti boschi
Con l arco e le saette se nandava
Accio la sua virtu se riconosci
A caprioli, e cervi depredava
Lassando i pieni de rabbiosi toschi
Ral ch’ogni nimpha li meravigliava
Si che Cupido che tanto saprezza
La perdea seco dardir, e bellezza.