Titolo dell’opera: Ganimede ed Ebe
Autore: Pieter Paul Rubens (1577-1640)
Datazione: 1611-12
Collocazione: Vienna, Schwartzenberg Collection
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (203 x 203 cm)
Soggetto principale: Ganimede, portato nell’Olimpo da Giove-aquila, riceve una coppa da Ebe
Soggetto secondario: sullo sfondo un banchetto degli dei
Personaggi: Giove (sotto forma di aquila), Ganimede, due figure femminili (forse Ebe e un’ancella o Giunone e Minerva), banchetto degli Dei
Attributi: aquila, (Giove); aquila,coppa (Ganimede)
Contesto: Olimpo
Precedenti:
Derivazioni:
Bibliografia: Gluck G., Rubens, Van Dyck und ihr kreis, Vienna 1933; Russel M., The iconography of Rembrandt’s “Rape of Ganimede”, in “Simiolus: Netherlands Quarterly for the History of Art”, vol. 9, 1977, n. 1, pp. 5-18; Jaffè M., Rubens, catalogo completo, Rizzoli, Milano 1989, p. 202; Marongiu M., Il mito di Ganimede prima e dopo Michelangelo, Mandragora, Firenze 2002, p.36; Impelluso L., Eroi e Dei dell’antichità, Electa, Milano 2002, p. 88
Annotazioni redazionali: Secondo Jaffè (1989)il dipinto, erroneamente attribuito al pittore Frans Snyders dallo storico dell’arte Gustav Gluck (1933), figura negli inventari Schwartzenberg dal 1732. La forma quadrata dell’opera, la mancanza della cornice e la provenienza dalla collezione del Cardinal Di Bagno ci suggeriscono che fosse stato commissionato per una precisa collocazione, forse come sopracamino. La tela mostra in primo piano Ganimede in versione adulta, languidamente appoggiato all’aquila che ci ricorda il ratto appena avvenuto. Ganimede porta già in mano la coppa che testimonia il suo futuro compito di coppiere degli dei, accentuato dalla presenza di Ebe al suo fianco e dal banchetto degli Dei sullo sfondo a sinistra. La presenza di Ebe nel dipinto può essere spiegata secondo due ipotesi. Secondo Nonno di Panopoli, Ebe svolgeva prima di Ganimede la funzione di coppiera degli Dei (Ganfc42); le due donne che gli stanno accanto potrebbero quindi essere interpretate come Ebe e un’ancella, che effettua un simbolico “passaggio del testimone” passandogli la coppa. Un’altra fonte (Omero, Odissea, XI, 602-03) cita invece le nozze di Ebe con Ercole, dopo la conquista dell’immortalità di quest’ultimo e la sua ascesa all’Olimpo; osservando in dettaglio il banchetto infatti, è possibile interpretare la figura seduta sulla pelle di leone come quella di Ercole, mentre la figura femminile al suo fianco potrebbe essere proprio la sua nuova sposa, ossia Ebe. Un’ulteriore chiave di lettura ci è di nuovo fornita da Nonno di Panopoli, che riporta che Giunone non sopportava che l’amante di Zeus, Ganimede, svolgesse il ruolo di coppiere degli Dei (“Giunone che accesa d’ira accenna a Pallade Ganimede maneggiante la tazza che avea già avuto in sorte la vergine Ebe”, Dionisiache, 5, 669): nel dipinto, dunque, Ganimede le offrirebbe la coppa proprio per mitigare la sua gelosia, facendola apparire infondata e purificando ancora di più la sua figura, mentre l’aquila che rappresenta Giove starebbe a significare il tentativo di quest’ultimo di riconciliarsi con Giunone. Infine, è da notare che la figura di Ganimede è costruita secondo un contrapposto che richiama quello di uno dei figli del Lacoonte; è rilevante l’attenzione al dato naturalistico nella puntuale e dettagliata rappresentazione dell’aquila: per ottenerla Rubens “si è sicuramente avvalso della sua copia dell’Ornithologia dell’Aldrovandi del 1559” (Jaffè, 1989).
Valentina Martinoli