Titolo: Ratto di Ganimede
Autore: Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534)
Datazione: 1531-1532
Collocazione: Vienna, Kunsthistorisches Museum
Committenza: Federico II Gonzaga (1500-1540)
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (163,5 x 70,5 cm)
Soggetto principale: Giove, sotto forma di aquila, rapisce Ganimede
Soggetto secondario: il cane, nella parte inferiore, abbaia verso l’alto
Personaggi: Giove (sotto forma di aquila), Ganimede
Attributi: aquila (Giove); aquila, cane (Ganimede)
Contesto: paesaggio roccioso
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:http://www.abcgallery.com/C/correggio/correggio1.html
Bibliografia: Copertini G., La mostra nazionale del Correggio a Parma, in “Aurea Parma, rivista di storia-arte e lettere”, VI, 1935, XVI, p. 248; Bianconi P., ”Tutta la pittura del Correggio”, Rizzoli, Milano 1953, p. 28; Verheyen E., Correggio’s Amori di Giove, in “Journal of the Warburg and the Courtauld Institute”, 1966, XXIX, pp. 160-162; Quintavalle A. C. (a cura di), L’opera completa del Correggio, Rizzoli, Milano 1970, pp. 109-110; Verheyen E., The palazzo del Te in Mantua: images of love and politics, John Hopkins University Press, Baltimora 1977, pp. 20-21, p. 111; Wind G., Sport for Jove: Correggio’ s Io and Ganymede, in “Gazette des beaux – arts ”, VI 109, 1987, No. 1418, pp. 106-108; Ekserdjian D., Correggio, I dipinti mitologici, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 1997, pp. 279-284; Monducci E., Il Correggio, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2004, pp. 222-224; Coliva A. (a cura di), Correggio e l’Antico,Motta, Milano 2008, pp. 132-133.
Annotazioni redazionali: Questa tela, fa parte insieme a Giove e Leda (Berlino, Staatliche Museen), Giove e Danae (Roma, Galleria Borghese) e Giove e Io (Vienna, Kunsthistorisches Museum) di una serie di dipinti ispirati agli amori di Giove, commissionati dal duca Federico II di Gonzaga al Correggio per farne dono a Carlo V, incoronato a Bologna nel 1530 imperatore del Sacro Romano Impero. Come suggerisce Camesasca, è possibile che le opere non siano state compiute in tempo per la cerimonia, rimanendo a Mantova fino alla seconda metà del Cinquecento. Verheyen (1977) insiste con estrema sicurezza sul fatto che fossero progettate per la Sala di Ovidio in Palazzo Te, e ipotizza che le quattro tele formassero solo una parte di un ciclo incompiuto che doveva comprendere inizialmente otto quadri. I dipinti, comunque, finirono in Spagna, passando per successione a Filippo II, figlio di Carlo V; Filippo III nel 1598 li donò all’imperatore Rodolfo II. Da Praga l’Io e il Ganimede, che risultano essere opere pendant vista la stessa impostazione verticale e la composizione serpentinata, vennero portate a Vienna dove risultano presenti già dal 1631. Nel quadro oggetto della scheda, è rappresentato il momento culminante della storia di Ganimede, quello cioè in cui il pastorello frigio è rapito da Giove, il quale innamoratosi perdutamente della sua bellezza, si trasforma in aquila per portarlo nell’Olimpo e renderlo successivamente (questo momento non è qui rappresentato) coppiere degli dei. Il dipinto del Correggio come ci suggerisce David Ekserdjian (1997), era la prima rappresentazione di grandi dimensioni del mito, anche se quasi nello stesso periodo Michelangelo stava eseguendo una serie di disegni sul tema, culminanti in un foglio a carboncino altamente rifinito conservato al Fogg Art Museum di Cambridge che egli diede al suo amico Tommaso Cavalieri (Cfr. scheda opera 30). Come per almeno due delle trattazioni di Michelangelo di questo soggetto, quella al Fogg Art e quella agli Uffizi, anche il Correggio incluse nella scena un cane che abbaia verso il cielo ricalcando quasi esattamente ciò che ci dice Virgilio (Ganfc17) e in questo modo ricordando l’occupazione del fanciullo sulla terra. Questa allusione è deliberatamente ritagliata sull’orlo inferiore della composizione per creare un effetto di immediatezza, come avviene anche nella tela di Giove ed Io in cui è presente un cervo in basso a destra. Geraldine Wind (1987) ci offre un’interessante lettura della presenza del cane nel dipinto con Ganimede e del cervo nel dipinto con Io, asserendo che in Correggio essi appaiono connettere i soggetti alla caccia di Giove; il dio è paragonato ad un astuto cacciatore che dispiega la rete per il suo gioco e cattura le sue prede, appunto Io e Ganimede, che hanno come tana il bosco. Probabilmente la scelta di rappresentare la caccia, sempre secondo la Wind, in Correggio nasce dal voler accontentare Federico II o Calo V, i quali si dilettavano in questo sport. Il Ganimede del Correggio non mostra nessuna paura di volare ma ha il buon senso di aggrapparsi al volatile: una soluzione mediana tra quelle adottate da Michelangelo che, nel disegno fiorentino mostra la lotta del fanciullo con l’aquila mentre in quello del Fogg Art Museum la lotta è cessata e Ganimede è posto in modo pienamente frontale. Correggio fa inoltre aprire all’aquila il becco e allungare la lunga lingua per leccare il polso al fanciullo. La scelta sia dell’artista sia del soggetto di quest’opera sarebbe dipesa da Federico Gonzaga. Il suo gusto per i dipinti erotici, sempre come ci fa notare Ekserdjian (1997), è ampiamente testimoniato dagli affreschi di Palazzo Te, ma rimane da chiedersi perché la scelta di un fanciullo (per cui Correggio si rifà ad uno degli angeli esultanti che popolano i pennacchi del Duomo di Parma) insieme alle altre tre fanciulle rapite del ciclo. Micheal Hirst (1978) arrivò alla risposta quando osservò che l’aquila era emblema dei Gonzaga, che intendevano così affermare le loro connessioni imperiali. In effetti, proprio in quanto uccello legato a Giove, l’aquila fu adottata come simbolo dagli imperatori romani: nel caso di questa tela, dunque, era insieme simbolo dei committenti e omaggio a Carlo V.
Giuseppina Colosi