17: Giove e Ganimede

Titolo dell’opera: Giove

Autore:

Datazione: 1380-1390 ca.

Collocazione: Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, manoscritto dell’Ovide Moralisé, Codex Reg. Lat. 1480 f. 38

Committenza:

Tipologia: illustrazione

Tecnica: miniatura

Soggetto principale: Giove

Soggetto secondario: Ganimede rapito dall’aquila

Personaggi: Giove, Ganimede, aquila, due uomini

Attributi:

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Marongiu M., Il mito di Ganimede: prima e dopo Michelangelo, Mandragora Firenze 2002, p. 58; Cieri Via C., L’arte delle Metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 89-93

Annotazioni redazionali: La miniatura di Giove appartiene al ricco repertorio di illustrazioni dell’Ovide Moralisé (Ganfm09), opera di anonimo francese databile ai primi decenni del XIV secolo. Il poema è diviso in XV libri come le Metamorfosi di Ovidio e per ogni mito viene presentato brevemente l’episodio seguito da una serie di allegorizzazioni. Il mito di Giove e Ganimede riceve una triplice interpretazione. La prima è quella storica, presente in Platone, secondo la quale Giove, re di Creta, sconfisse in guerra il re di Troia e ne rapì il giovane figlio, facendone il suo servitore. La seconda interpretazione del mito è quella fisico-naturale che, basandosi sulle antiche fonti astrologiche, spiega i personaggi della storia, come elementi fisici, e le loro azioni, come l’interazione tra la loro natura calda o fredda. Segue, in ultimo, la lettura in chiave cristiana che interpreta Giove come il Dio creatore che, per amore dell’uomo, desidera discendere sulla terra e liberalo dalla sua natura mortale elevandolo al cielo. La miniatura mostra un’iconografia di Giove lontana da quella antica e che dipende dalla rilettura cristiana del personaggio e del mito, in sintonia con il testo. Il dio è assiso su di un arcobaleno, simbolo del suo potere universale, ed assume le sembianze di un re medievale con una ricca veste e una corona. Nella mano destra tiene una palma mentre con la sinistra getta della terra sui volti di due uomini distesi sotto i suoi piedi. In alto a destra, compare in volo l’aquila che tra i suoi artigli sostiene Ganimede. L’azione compiuta da Giove potrebbe essere letta come un rito di sepoltura, che decreta la morte fisica del corpo ma la vittoria sulla morte (la palma) dell’anima umana che ascende al cielo nelle sembianze del piccolo Ganimede, rappresentato a mani giunte nella posa dell’orante. Nei due personaggi posti ai piedi di Giove si potrebbe anche vedere un riferimento ai Giganti sconfitti, a cui si accenna nel testo dell’Ovide moralisé (vv. 731-732) e che sono presenti in immagini successive (Cfr. scheda opera 20).

Dario Iacolina