11: Giove e Ganimede

Titolo dell’opera: Ganimede e l’aquila

Autore: artista romano di età Adrianea

Datazione: I-III sec. d.C. ca.

Collocazione: Città del Vaticano, Museo Chiaramonti

Committenza:

Tipologia: scultura in marmo

Tecnica: tutto tondo (1,40 m)

Soggetto principale: Ganimede e l’aquila

Soggetto secondario:

Personaggi: aquila; Ganimede

Attributi: Aquila (Giove);  patera,  pedum, berretto frigio (Ganimede)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://it.wikipedia.org/wiki/Ganimede_(mitologia)

Bibliografia: Sichtermann H., ad vocem “Ganymedes” in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurich, Munchen 1988, vol. IV, pp. 154-169; Liverani P., Museo Chiaramonti, L’Erma, Roma 1989, p. 33; Walther Amelung, Die sculpturen des Vaticanischen Museums, Walterde Gruyter, Berlin 1995, vol. I, pp. 702-703; Il mito di Ganimede prima e dopo Michelangelo, a cura di Marcella Marongiu, Mandragora, Firenze 2002, p. 50

Annotazioni redazionali: A partire dal IV sec. a.C. si diffuse una variante del mito di Ganimede, rapito non più da un Giove “umano”, ma dal dio sotto forma di aquila. Il primo a rappresentare questa nuova versione del mito fu lo scultore ateniese Leochares, dalla cui opera derivano la maggior parte dei gruppi statuari antichi, in cui Giove è rappresentato sotto forma di aquila; si veda ad esempio il gruppo conservato nella Galleria dei Candelabri nei Musei Vaticani (Cfr. scheda opera 10) o il gruppo del Museo Archeologico di Venezia (Cfr. scheda opera 12). Nell’opera in esame non vediamo l’aquila che ghermisce il giovane per portarlo sull’Olimpo, come negli altri esempi, bensì il giovane che, appoggiato ad un tronco, guarda l’aquila che sta ai suoi piedi, la quale, a sua volta, si rivolge verso di lui. Non è quindi rappresentato un momento particolare del mito, ma lo scultore ha deciso di eseguire una scena che riassumesse l’intera storia: Giove trasformato in aquila da una parte, e Ganimede con in mano la patera, simbolo della sua elevazione futura a coppiere degli dei, dall’altra. Il gruppo venne ritrovato a Roma nel 1780 da Giovanni Volpato e restaurato l’anno successivo da Bartolomeo Cavaceppi.

Claudia Porzio