Titolo dell’opera: Giove e Ganimede
Autore: anonimo
Datazione: 138-161 d.C. (età antoniniana)
Collocazione: Città del Vaticano, Musei Vaticani, Galleria dei Candelabri
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica: tutto tondo
Soggetto principale: Giove rapisce Ganimede
Soggetto secondario: un cane assiste alla scena
Personaggi: Giove (in forma di aquila), Ganimede
Attributi: aquila (Giove); bastone, cane, flauto, aquila (Ganimede)
Contesto:
Precedenti: Leochares, gruppo scultoreo con il Ratto di Ganimede (non conservato, ma testimoniato nelle fonti letterarie)
Derivazioni:
Immagini: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ganymede_Leochares_Vatican_Inv2445.jpg
Bibliografia: Richter G.M.A., L’arte greca, Einaudi, Torino 1969, pp. 139-146; Richter G.M.A., The sculture and sculptors of the Greek, Yale University Press, New Haven and London 1970, pp. 220-222; Sichtermann H., ad vocem “Ganymedes” in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurich, Munchen 1988, vol. IV, pp. 154-169
Annotazioni redazionali: L’opera in esame sembra derivare dal famoso gruppo di Leochares descritto da Plinio nella Naturalis Historiae (Ganfc23). Il gruppo mostra l’aquila che con gli artigli tiene Ganimede per il mantello. Lo scultore sceglie qui di rappresentare in maniera puntuale il momento esatto del rapimento del giovane, che – con i piedi leggermente sollevati da terra – volge lo sguardo verso l’alto. La posizione di Ganimede con il braccio sinistro alzato, quella dell’aquila con le ali spiegate e la testa rivolta verso il cielo, così come la posizione del piccolo cane sulla sinistra sono tutti elementi che tendono a sottolineare il moto ascensionale della composizione: l’aquila, infatti, dopo essere scesa dal cielo per afferrare Ganimede, viene ritratta nell’atto di risalire verso l’alto per portare la sua preda sull’Olimpo. Iconograficamente, il gruppo con Ganimede e l’aquila comincia a diffondersi a partire dal IV secolo, momento in cui Giove non viene più ritratto in sembianze umane, ma completamente trasformato in aquila (o con un’aquila inviata da lui stesso). Questa stessa iconografia è riscontrabile in un altro gruppo marmoreo conservato al Museo Archeologico di Venezia (Cfr. scheda opera 12).
Claudia Porzio