
Titolo dell’opera: Giove e Ganimede
Autore:
Datazione: 90 d.C. ca.
Collocazione: Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale
Committenza:
Tipologia: scultura
Tecnica: gruppo scultoreo a tutto tondo in marmo frigio e pavonazzetto
Soggetto principale: Giove e Ganimede
Soggetto secondario:
Personaggi: Giove (sotto forma di aquila), Ganimede
Attributi: aquila (Giove); aquila (Ganimede)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini: http://www.rositour.it/RomaLazio/Sperlonga/22_Museo-Ganimede.jpg
Bibliografia: Sichtermann H., ad vocem “Ganymedes” in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurich, Munchen 1988, vol. IV, pp. 154-169; Cassieri N., La Grotta di Tiberio e il Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2000, pp. 145-147
Annotazioni redazionali: il gruppo scultoreo proviene dalla Villa imperiale di Tiberio a Sperlonga (LT), in particolare dalla grotta di Tiberio, formata da un’ampia cavità con al centro una peschiera, un ninfeo e un triclinio, in cui sono stati ritrovati quattro gruppi scultorei: oltre al Ganimede qui in esame, il gruppo di Scilla, quello di Polifemo, il ratto del Palladio e Ulisse ed Achille, oggi tutti conservati al Museo Archeologico di Sperlonga. La scena del rapimento di Ganimede in questo caso segue l'iconografia tradizionale, probabilmente ideata dal greco Loechares, che si diffonderà dal IV sec. in poi: il giovane è sormontato dal dio già trasformato in aquila. È vestito all'orientale con una tunica manicata, il berretto frigio, dei pantaloni attillati detti anaxurides, indossa una clamide e calza alti stivali detti embades. Il corpo del fanciullo e l'aquila sono realizzati in un marmo policromo microasiatico detto pavonazzetto, mentre la testa è in marmo bianco della Frigia. Per questo motivo l'inquadramento cronologico è piuttosto controverso: se tradizionalmente l'opera viene datata all'epoca Flavia (metà I sec. d.C.) per il gusto per la policromia e per lo stile, tuttavia, è stata proposta anche una datazione più tarda, tardo augustea o prima tiberiana. È proprio la natura polimaterica del gruppo a creare incertezze, poiché la testa in marmo bianco sembra avere poca pertinenza con il resto del gruppo tanto che si può affermare quasi con certezza che si tratti di un'aggiunta successiva. Come confermato anche dai frammenti ritrovati in situ, il gruppo era collocato in alto, sull’orlo superiore della grotta, leggermente inclinato in avanti in modo che fosse visibile anche dal basso dai partecipanti ai banchetti che si svolgevano nel triclinio. Lo sfondo naturale costituiva una diretta ripresa del mito in quanto riferimento al Monte Ida, luogo in cui è ambientata la leggenda.
Gaia Dionisi