07: Giove e Ganimede

Titolo dell’opera: Ratto di Ganimede

Autore: Anonimo

Datazione: I sec. d.C.

Collocazione: Roma, Basilica Sotterranea di Porta Maggiore

Committenza:

Tipologia: bassorilievo

Tecnica: stucco

Soggetto principale: Ganimede rapito da un genio alato

Soggetto secondario:

Personaggi: Ganimede, genio alato

Attributi: oinochoe (Ganimede); torcia (Genio alato)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Strong E., Jolliffe N., The Stuccoes of the Underground Basilica near the Porta Maggiore, in "The Journal of Hellenic Studies", Vol. 44, Part 1, 1924, pp. 65-111; Aurigemma S., La Basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore in Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, Libreria dello Stato, Roma 1974, pp. 3-15, fig. 21; Sichtermann H., ad vocem “Ganymedes” in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurich, Munchen 1988, vol. IV, pp. 154-169

Annotazioni redazionali: La Basilica sotterranea neopitagorica di Porta Maggiore venne scoperta nell’aprile del 1917 per un cedimento del terreno sotto uno dei binari della linea ferroviaria per Napoli, a 7,25 metri sotto il piano di Via Prenestina. La decorazione si snoda lungo tutte le volte delle tre navate della Basilica ed è spartita in maniera molto semplice da scomparti rettangolari e quadrati che si susseguono. L’immagine con Ganimede si trova nella volta della navata centrale. Iconograficamente senza precedenti, vediamo Ganimede rapito né da Giove, né da un aquila (come vorrebbe la tradizione), ma da un Genio Alato o Eros. Ganimede tiene con la mano destra una piccola brocca, che fa riferimento al suo ruolo di coppiere divino che rivestirà una volta arrivato sull’Olimpo. Il Genio tiene in mano una torcia. La figurazione è da ricollegare alla funzione che probabilmente ebbe la Basilica, sorta probabilmente su iniziativa di un gruppo di aristocratici romani, colti e facoltosi seguaci delle teorie neopitagoriche diffuse a Roma in quel periodo. I Neopitagorici professavano la teoria della purificazione dello spirito e credevano nella metempsicosi, per la quale, a seconda dei meriti o dei demeriti, l’uomo si reincarna, di volta in volta, in esseri inferiori e superiori. Per innalzare l’anima all’immortalità, inoltre, era necessaria una vita austera e lontana dai bisogni fisici e sensuali, per prepararsi alla morte e assicurarsi la felicità vera ed eterna nell’aldilà. L’immagine di Ganimede assume quindi una valenza mistica in riferimento alla purificazione che porta al cielo. Purtroppo l’immagine risulta danneggiata a causa di un fungo che ne ha provocato il distaccamento. L’assenza di restauri relativi ad un epoca posteriore a quella di costruzione, ha portato gli studiosi a credere che la Basilica possa esser stata chiusa già nel I secolo, probabilmente per l’avversione del Senato Romano verso le pratiche di misticismo e divinazione frequenti nei circoli neopitagorici. Tra le altre raffigurazioni presenti nella basilica ricordiamo la scena con Il supplizio di Marsia.

Claudia Porzio