1584
GIORDANO BRUNO, Spaccio della bestia trionfante, Parigi, Dialogo I, Parte I, pp. 583-585
Testo tratto da:giordanobruno.signum.sns.it/bibliotecaideale/gb1PageNavigation.php
Sofia. Quel Ganimede, ch'al marcio dispetto de la gelosa Giunone, gli era tanto in grazia, ed a cui solo liceva d'accostarsegli, e porgergli li fulmini trisolchi, mentre a lungi passi a dietro riverentemente si tenevano gli dei, al presente credo che, se non ha altra virtute che quella che è quasi persa, è da temere che da paggio di Giove non debba aver a favore di farsi come scudiero a Marte.
Saulino. Onde questa mutazione?
Sofia. E da quel che è detto del cangiamento di Giove, e perché lo invidioso Saturno ai giorni passati, con finta di fargli de vezzi, gli andò di maniera tale rimenando la ruvida mano per il mento e per le vermiglie gote, che da quel toccamento se gl'impela il volto, di sorte che pian piano va scemando quella grazia che fu potente a rapir Giove dal cielo, e farlo essere rapito da Giove in cielo, ed onde il figlio d'un uomo venne deificato, ed ucellato il padre de gli dei.
Saulino. Cose troppo stupende! Passate oltre.
Sofia. Ha imposto a tutti gli dei di non aver paggi o cubicularii di minore etade che di vinticinque anni.
Saulino. Ah ah? Or che fa, che dice Apolline del suo caro Giacinto?
Sofia. Oh se sapessi, quanto è egli mal contento!
Saulino. Certo credo che la sua contristazione caggiona questa oscurità del cielo, ch'ha perdurato piú di sette giorni; il suo alito produce tante nuvole, i suoi suspiri sí tempestosi venti, e le sue lacrime sí copiose piogge.
Sofia. Hai divinato.
Saulino. Or, che sarà di quel povero fanciullo?
Sofia. Ha preso partito di mandarlo a studiar lettere umane in qualche universitade o collegio riformato, e sottoporlo a la verga di qualche pedante.
Saulino. O fortuna, o sorte traditora! Ti par questo boccone da pedanti?. Non era meglio sottoporlo alla cura d'un poeta, farlo a la mano d'un oratore, o avezzarlo su il baston de la croce? Non era piú espediente d'ubligarlo sotto la disciplina di....
Sofia. Non piú, non piú! Quel che deve essere, sarà; quel che esser devea, è. Or per compire l'istoria di Ganimede, l'altr'ieri, sperando le solite accoglienze, con quell'usato ghigno fanciullesco li porgeva la tazza di nettare; e Giove, avendogli alquanto fissati gli turbidi occhi al volto: - Non ti vergogni, li disse, o figlio di Troo? pensi ancor essere putto? forse che con gli anni ti cresce la discrezione, e ti s'aggionge di giudizio? non ti accorgi che è passato quel tempo, quando mi venevi ad assordir l'orecchie, che, allora ch'uscivamo per l'atrio esteriore, Sileno, Fauno, quel di Lampsaco ed altri si stimavano beati, se posseano aver la commodità di rubbarti una pizzicatina, o almeno toccarti la veste, ed in memoria di quel tocco non si lavar le mani, quando andavano a mangiare, e far de l'altre cose che li dettava la fantasia? Ora dispònite, e pensa che forse ti bisognarà di far altro mestiero. Lascio che io non voglio piú frasche appresso di me. - Chi avesse veduto il cangiamento di volto di quel povero garzone o adolescente, non so se la compassione, o il riso, o la pugna de l'uno e l'altro affetto l'avesse mosso di vantaggio.