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413-426 d.C.

S. AGOSTINO, La città di Dio, VIII, 26; XVIII, 13

Traduzione tratta da: http://www.augustinus.it/italiano/cdd/index2.htm

VIII, 26. La sconcezza dei misteri della Gran Madre. Allo stesso modo Varrone non ha voluto parlare, ed io non ricordo di aver letto in alcuna parte, degli effeminati consacrati contro ogni decoro maschile e femminile alla Grande Madre, i quali fino a ieri con i capelli unguentati, con la faccia imbellettata, con l'andatura flessuosa e il portamento donnesco per le piazze e le strade di Cartagine richiedevano di che vivere disonestamente perfino dai merciai ambulanti. L'interpretazione è venuta a mancare, la spiegazione si è confusa, il discorso non è venuto fuori. La grandezza non della divinità ma della delinquenza della Grande Madre ha superato tutti gli dèi figli. Perfino la mostruosità di Giano non ha confronto con questo essere mostruoso. Egli presentava la bruttezza soltanto nelle statue, lei una brutta crudeltà nei misteri; egli aveva parti del corpo in più nelle statue, lei in meno negli uomini. Neanche i tanti e grossi adultèri dello stesso Giove superano una tale turpitudine. Egli, intento a sedurre le donne, soltanto con Ganimede infamò il cielo, lei con tanti effeminati consacrati e pubblicamente riconosciuti ha contaminato la terra e ha ingiuriato il cielo. Forse in questa forma di turpe crudeltà le potremmo paragonare o anche anteporre Saturno che, come si tramanda, ha evirato il padre, ma nei misteri di Saturno è potuto avvenire forse che uomini siano stati uccisi dalle mani altrui e non evirati con le proprie. Egli ha divorato i figli, come cantano i poeti, mentre i naturalisti danno del mito una interpretazione arbitraria, perché, come afferma la spiegazione storica, li ha uccisi. Comunque i Romani non hanno accolto l'usanza dei Punici che gli hanno sacrificato i figli. Al contrario, questa Grande Madre degli dèi ha introdotto gli evirati anche nei templi di Roma e ha conservato questo spietato costume perché si è creduto che col mutilare l'organo virile degli uomini lei aiutasse la virtù dei Romani. In confronto a questo male che cosa sono i furti di Mercurio, i facili costumi di Venere, gli adulteri e la dissolutezza degli altri che potremmo allegare dai libri se non fossero rappresentati con canti e danze nei teatri? Questi mali sono una bazzecola al confronto con un male così grande, la cui grandezza è esclusiva competenza della Grande Madre, tanto più che, come si afferma, questi fatti sono stati inventati dai poeti, come se essi abbiano inventato anche che sono graditi e accetti agli dèi. Passi che è audacia o anche insolenza dei poeti che siano cantati o anche scritti; che invece siano aggregati al culto religioso per comando ed esigenza degli dèi non è altro che un delitto degli dèi, anzi una manifestazione di demoni e un inganno di infelici. Comunque non sono stati i poeti a inventare l'episodio che la Madre degli dèi ebbe la prerogativa di essere adorata con la consacrazione di uomini evirati; essi hanno preferito esecrarlo anziché celebrarlo nella poesia. Dunque un tizio si dovrebbe forse consacrare a questi dèi eletti per vivere nella felicità dopo la morte quando consacrato a loro non può vivere moralmente prima della morte, perché schiavo di turpi superstizioni e legato a demoni immondi? Ma tutte queste cose, dice lui, sono relative al mondo. Badi piuttosto che non siano relative all'immondo. E poi quale cosa che si indica esistente nel mondo non si può rapportare al mondo? Noi, al contrario, cerchiamo lo spirito che, fidando nella vera religione, non adori il mondo come suo dio ma, per amore di Dio, riconosca la bellezza del mondo in quanto opera di Dio e purificato dalle macchie terrene giunga mondo fino a Dio che ha creato il mondo.

XVIII, 13. Mitologia nel periodo dei Giudici. Dopo la morte di Giosuè di Nun il popolo di Dio ebbe i Giudici. In quel periodo si avvicendarono in loro l'abiezione delle sofferenze per i loro peccati e la felicità del conforto nella misericordia di Dio. Coevi a quel tempo furono inventati i miti di Trittolemo, che per ordine di Cerere, condotto da serpenti alati, portò volando i frumenti alle terre incolte; del Minotauro, che sarebbe stato una bestia chiusa nel labirinto e se in esso entravano gli uomini, a causa di un inestricabile sviamento, non potevano uscirne; dei Centauri, la cui natura era il congiungimento di cavalli e uomini; di Cerbero, che sarebbe stato un cane degli inferi a tre teste; di Frisso e della sorella Elle, che volarono trasportati da un ariete; della Gorgone, che aveva la chioma di serpenti e mutava in pietre quelli che la guardavano; di Bellerofonte, che era trasportato da un cavallo alato chiamato Pegaso; di Anfione, che con il suono magico della cetra ammansiva e spostava le pietre; dell'artigiano Dedalo e del figlio Icaro, che volarono con ali artefatte; di Edipo, che costrinse a gettarsi nel proprio abisso un essere mostruoso, che si chiamava la Sfinge, quadrupede con faccia umana, sciogliendo l'enigma insolubile che essa era solita proporre; di Anteo, ucciso da Ercole, che era figlio della Terra e perciò era abituato cadendo in terra a risollevarsi più robusto ed altri episodi se li ho omessi. Le leggende fino alla guerra di Troia, con cui Marco Varrone ha terminato il secondo libro su La razza del popolo romano, sono state ideate dall'intelligenza degli uomini in corrispondenza alla storia, che ha per contenuto fatti realmente avvenuti, in modo da non esser foggiate a ludibrio degli dèi. Però hanno inventato che per un atto di libidine di Giove fu involato il bellissimo giovinetto Ganimede, reato compiuto dal re Tantalo e dalla leggenda attribuito a Giove, oppure che abbia conseguito l'accoppiamento con Danae attraverso una pioggia d'oro, dove si capisce che il pudore della donna fu pervertito dall'oro. Ora non si può esprimere in quale maniera i fatti compiuti o immaginati in quel periodo, oppure compiuti dagli altri e attribuiti a Giove, abbiano preteso dal cuore degli uomini tanta malvagità perché potessero sopportare pazientemente queste fandonie, che tuttavia hanno accettato anche con piacere. Essi senz'altro, quanto più devotamente onorano Giove, tanto più severamente avrebbero dovuto punire coloro che osano dire di lui queste imposture. Invece non solo non si sono sdegnati con coloro che hanno inventato queste favole, che anzi per rappresentarle nei teatri, hanno temuto piuttosto di avere sdegnati gli stessi dèi. In quel periodo Latona partorì Apollo, non quello di cui si consultavano i responsi, come dicevo poco fa, ma quello che con Ercole fu servitore di Admeto, il quale tuttavia fu ritenuto un dio al punto che molti e quasi tutti ritengono che fosse un solo e medesimo Apollo. Allora anche Libero padre andò a far guerra in India ed ebbe nell'esercito molte donne, chiamate Baccanti, non note per il coraggio ma per la frenesia. Alcuni autori scrivono che Libero fu vinto e fatto prigioniero, altri che fu ucciso in battaglia da Perseo e dicono pure dove fu sepolto. Tuttavia al suo nome, come fosse un dio, con l'intervento di diavoli osceni, sono stati istituiti i riti sacri o meglio sacrileghi dei baccanali. Il senato dopo molti anni si vergognò tanto della loro forsennata oscenità che li proibì a Roma. Hanno ritenuto che sempre in quel periodo Perseo e la moglie Andromeda, dopo la loro morte, fossero accolti in cielo in modo tale che non arrossirono e non temettero di rappresentare la loro figura nelle costellazioni e di chiamarle con il loro nome.