19: Giacinto e Apollo

Titolo dell'opera: La morte di Giacinto

Autore: Benjamin West (firmato in basso a sinistra)

Datazione: 1771

Collocazione: Swarthmore Pennsylvania, Swarthmore College

Committenza: Francis Thomas Fitzmaurice, terzo conte di Kerry

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (230 x 190,5 cm)

Soggetto principale: Giacinto e Apollo

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Giacinto, amorini

Attributi: aureola di raggi (Apollo); disco, fiori di giacinto (Giacinto)

Contesto: radura di campagna

Precedenti: Domenico Cunego, Apollo e Giacinto, incisione da Domenichino

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: H. von Erffa-A. Staley, Benjamin West, 1986, p. 240; Davidson Reid J., Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 582

Annotazioni redazionali: Benjamin West come pittore, pur essendo originario degli Stati Uniti, fu attivo principalmente in Inghilterra, come esponente della corrente neoclassica. West prima di stabilirsi definitivamente in Inghilterra nel 1763, compì un viaggio in Italia, dove probabilmente entrò in contatto diretto con la cultura e l’arte classica, e dove ebbe modo di incontrare Mengs e Hamilton. Forse le opere viste direttamente in questo viaggio, o piuttosto la conoscenza di un’incisione di Domenico Cuneo, fornirono a West l’ispirazione per questo dipinto. Poiché, infatti, La morte di Giacinto viene datata 1771, e nello stesso anno venne pubblicata un’incisione di Domenico Cunego che riproduceva l’affresco del medesimo soggetto realizzato da Domenichino nella Loggia di Palazzo Farnese a Roma, alcuni critici hanno sostenuto che il pittore dovette quasi certamente servirsi dell’incisione. Anche West, sulla base della fonte ovidiana, ha scelto di raffigurare la conclusione del mito di Giacinto: Apollo, caratterizzato dalla corona di raggi, ha lanciato il disco che giace a terra sulla sinistra, e il giovane Giacinto, che si è precipitato a riprenderlo, ne è rimasto colpito alla fronte. Il giovane a causa di tale colpo sta perdendo lentamente le forze, mentre il dio, in piedi, cerca di sorreggerlo, cerca di salvarlo: resosi conto, tuttavia, che non c’è più nulla da fare, come evidenzia anche l’espressione di dolore sui volti degli amorini, egli sfiora qui la ferita sulla fronte dell’amato, in modo che dal suo sangue nasca un fiore, che porterà per sempre il suo nome, e ne conserverà il ricordo in eterno. Indubbiamente l’impatto emotivo è più forte nel dipinto di West rispetto all’affresco di Domenichino, in cui i due protagonisti sulla sinistra sono immersi in un paesaggio che quasi disperde l’effetto provocato dalla morte di Giacinto. L’importanza data al paesaggio nell’affresco di Domenichino si spiega anche con il luogo in cui questo era collocato, la Loggia del giardino, inoltre, proprio per l’accento posto da Domenichino sui paesaggi, egli è stato considerato uno degli iniziatori di questo genere. Risulta evidente, invece, dalla scelta di collocare i protagonisti in primo piano, ad occupare quasi tutto lo spazio della tela, lasciando solo intravedere delle rocce sullo sfondo, che West dava maggiore importanza alle figure, realizzate con la massima attenzione alla resa anatomica, alla resa plastica, e curate nei minimi particolari, quasi fossero statue idealizzate del mondo classico. Perciò, tale cura nella resa della figura umana, la raffigurazione del manto di Apollo mosso dal vento, quello stesso vento che agita anche i suoi capelli, come la scelta dell’illuminazione, contribuiscono a fare di quest’opera un chiaro esempio di quell’estetica neoclassica di cui West si fece promotore in Inghilterra.

Elisa Saviani