08: Giacinto e Apollo

Titolo dell'opera: Hyacinthus in flore

Autore: Virgil Solis

Datazione: 1563

Collocazione: Johannes Posthius, Tetrastica in Ovidii Metamor. lib. XV quibus accesserunt Vergilij Solis figurae elegantiss., Francoforte 1563

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia (62 x 81 cm)

Soggetto principale: Giacinto e Apollo

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Giacinto

Attributi: faretra, cani da caccia (Apollo); freccia (Giacinto)

Contesto: bosco

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: The Illustrated Bartsch 19 (parte 1), Abaris Books, New York 1987, p. 502, 7.122; B. Guthmüller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma 1997, p. 219. pp. 224-225

Annotazioni redazionali: Questa incisione è tratta dalle Metamorphoses Ovidii di Johannes Spreng, pubblicate, in latino, a Francoforte nel 1563. Il mito di Giacinto, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (X, 162-219), non era stato illustrato frequentemente nelle edizioni dell’opera apparse tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento: questa, quindi, risulta una delle prime raffigurazioni dell’episodio nel periodo rinascimentale. La scena si svolge in un bosco: sullo sfondo si riconosce un personaggio che porta della selvaggina sulle spalle e tiene dei cani da caccia al guinzaglio. In base alla logica di tali raffigurazioni l’illustratore sembra qui suggerirci l’antefatto, perciò il personaggio rappresentato dovrebbe essere il protagonista della vicenda, ossia Giacinto, che va a caccia. Sembra invece che Apollo, non curandosi delle frecce e non preoccupandosi del suo ruolo (ed infatti il personaggio non indossa né la faretra né l’arco), come afferma Ovidio «Nec citharae nec sunt in honore sagittae:/ inmemor ipse sui non retia ferre recusat,/», porti i cani al guinzaglio, mentre accompagna Giacinto a caccia, anche se nel testo non vi è alcun riferimento esplicito al giovane che va a caccia portando i cani. Va qui dunque evidenziata l’incongruenza anche con l’enarratio dello Spreng, dove non viene affatto raccontato il momento della caccia di Giacinto insieme ad Apollo. Al contrario, mentre nell’enarratio si ritrova l’episodio ovidiano del lancio del disco che costituisce la causa della morte del giovane, poiché correndo a riprendere il disco lanciato per gioco dal dio si ferisce alla testa, nell’illustrazione del Solis non sembra di poter individuare nessun disco. Sembra piuttosto che Giacinto, seduto sul terreno ormai privo di forze, sostenuto alle spalle da Apollo, sia stato colpito accidentalmente durante la caccia, forse addirittura dalla freccia accanto a lui. Apollo a questo punto della vicenda ha riassunto il suo aspetto classico, caratterizzato dalla faretra, forse anche per evidenziare che la causa della morte del giovane è stata una freccia da lui scoccata. Se ne deduce che l’incisore ha mantenuto il motivo di fondo del racconto ovidiano e quindi dello stesso Spreng, ossia che Apollo colpisce per errore l’amato Giacinto e lo uccide, tuttavia egli ha modificato l’oggetto che ferisce il giovane, non più il disco bensì una freccia. Va infine sottolineata la mancanza qui di qualsiasi riferimento alla conclusione della vicenda, infatti non è stato raffigurato il giacinto, fiore nel quale Apollo trasforma l’amato perché di lui rimanga eterno ricordo, anche se il titolo stesso della favola, posto proprio al di sopra dell’illustrazione, vi fa esplicito riferimento.

Elisa Saviani