Giafc05

120-180 circa d.C.,

Luciano di Samosata, Dialoghi degli Dei, XIV

Ermes e Apollo

 

ERMES: Perché sei abbattuto, Apollo?

APOLLO: Perché ho sfortuna in amore, Ermes.

ERMES: Val la pena di essere addolorati per una cosa del genere: ma tu in cosa sei sfortunato? Ti affligge ancora la storia di Dafne?

APOLLO: Ma no! Piango la morte del mio amato Apollo, il Lacone figlio di Ebalo.

ERMES: Dimmi, è dunque morto Giacinto?

APOLLO: Appunto.

ERMES: Per opera di chi, Apollo? Chi è stato così alieno dall’amore da uccidere quel bel fanciullo?

APOLLO: È stata opera mia.

ERMES: Eri dunque impazzito, Apollo?

APOLLO: No, è stata una disgrazia involontaria.

ERMES: Come? Voglio sapere com’è accaduto.

APOLLO: Imparava a lanciare il disco e io giocavo assieme a lui, quando Zefiro, il più maledetto dei venti, anch’egli da tempo innamorato di lui, non essendo corrisposto e non sopportandone il disprezzo fece questo: come eravamo soliti, io lanciai il disco verso l’alto, e quello soffiando dal Taigeto, lo spinse fino a scagliarlo sulla testa del ragazzo, cosicché in seguito al colpo uscì molto sangue e il ragazzo morì all’istante. Ma io respinsi subito Zefiro colpendolo con le frecce e inseguendolo mentre fuggiva fino al monte, quindi scavai una tomba per il ragazzo ad Amicle, dove il disco l’aveva colpito, e feci in modo che dal sangue la terra generasse un fiore soavissimo, Ermes, il più bello tra tutti i fiori, che porta ancora incise lettere di compianto per il morto. Ti sembra dunque che sia addolorato fuor di ragione?

ERMES: Sì, Apollo: poiché sapevi di esserti scelto come amato un mortale. Perciò non affliggerti se è morto.