16: Ciparisso

Titolo dell'opera: Ciparisso e il cervo

Autore: Pieter Paul Rubens

Datazione: 1636-1638 (?)

Collocazione: Bayonne, Musee Bonnat. Già di proprietà del pittore Leon Bonnat; forse da identificare con il dipinto messo all’asta nel 1785 assieme alla Coll. Knyff; non sicura l’appartenenza al duca di Osuna.

Committenza: Cardinal infante Ferdinando d’Asburgo, fratello di Filippo IV, re di Spagna

Tipologia: schizzo

Tecnica: olio su tavola (10,5 x 21 cm)

Soggetto principale: Ciparisso e il cervo

Soggetto secondario:

Personaggi: Ciparisso, cervo

Attributi: faretra, freccia conficcata nel collo del cervo (Ciparisso); ghirlanda di fiori sulla testa (cervo)

Contesto: bosco

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Alpers S., The decoration of the Torre de la Parada, 1971, p. 66, p. 273; Held J.S., The oil sketches of Peter Paul Rubens. A critical catalogue, Princeton 1980, I, pp. 268-269; Jaffè M., Rubens, Milano 1989, p. 355; Davidson Reid J., Rohmann C., The Oxford Guide to the Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 318.

Annotazioni redazionali: Lo schizzo in primo piano, ad occupare quasi l’intero spazio della composizione, mostra un giovane a torso nudo, caratterizzato come cacciatore dalla faretra che porta a tracolla, che abbraccia un grosso cervo, con una ghirlanda di fiori sulla testa, disteso a terra ed in fin di vita, a causa della freccia conficcata nel suo collo. Questi elementi: il cervo ferito, il giovane cacciatore che con ogni probabilità lo ha colpito per errore, non riconoscendo che si trattava di quello a lui caro, piuttosto che di un cervo selvatico (infatti, l’animale ha una ghirlanda di fiori), e quindi l’atteggiamento del cacciatore nei confronti dell’animale, l’espressione di dolore sul suo volto, permettono di riconoscere in questo studio la raffigurazione di un momento particolare il mito di Ciparisso, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (X, 106-142). Il giovane dell’isola di Ceo, di cui si era innamorato Apollo, infatti, aveva un cervo a lui particolarmente caro, che, essendo mansueto, si lasciava avvicinare e addirittura cavalcare. Un giorno, durante una battuta di caccia, egli, non riconoscendolo, lo ferisce a morte con la sua freccia, e, resosi conto dell’azione commessa, chiede agli dei di poter essere a lutto in eterno. Perciò, nonostante il tentativo da parte Apollo di consolarlo, alla fine viene trasformato in un albero di cipresso, di cui il dio decreta inoltre l’eterna valenza funebre. Questo mito, nel corso del Quattro e del Cinquecento, aveva conosciuto una discreta fortuna figurativa nelle edizioni volgari illustrate dell’opera ovidiana: in questo caso, tuttavia, Rubens, non sembra essersi rifatto a tali illustrazioni, giacché la maggior parte di queste ultime, per meglio adattarsi al testo scritto che dovevano accompagnare, raffiguravano contemporaneamente più momenti della vicenda di Ciparisso all’interno di uno stesso contesto. Egli ha scelto, invece, di concentrarsi su di un momento specifico, quello immediatamente successivo al ferimento del cervo, in cui il giovane si rende conto di aver commesso un tremendo errore, tralasciando, pertanto, l’antefatto, in cui Ciparisso cavalca il cervo, che serviva a far meglio comprendere lo stretto legame che univa il giovane all’animale, la scena del ferimento, e, ancora, il momento successivo della trasformazione di Ciparisso in cipresso. L’artista, in realtà, si è occupato di una fase del mito solitamente raffigurata fondendo il ferimento con l’inizio della metamorfosi, ossia, Ciparisso, con l’arco ancora sollevato, avendo appena scagliato la freccia, si rende conto di aver colpito il cervo a lui caro e già il suo desiderio di soffrire in eterno viene esaudito, ed inizia a trasformarsi in cipresso. Scarsa rilevanza, quindi, era stata data sino ad allora alla reazione affettiva del giovane, mentre Rubens, non volendo appunto realizzare un’immagine di tipo narrativo, si concentrò sul dolore di Ciparisso e sul suo legame con il cervo. Questi elementi, però, sembrano avvicinare lo schizzo di Rubens al dipinto raffigurante il mito di Ciparisso, realizzato da Jacopo Vignali tra 1623 e 1625, che mostra una composizione assai simile: tuttavia, non è possibile dare per certa la conoscenza da parte dell’artista fiammingo del dipinto italiano. Ciò che possiamo, invece, affermare, con maggiore sicurezza, è che probabilmente entrambi utilizzarono come fonte d’ispirazione non l’originale ovidiano, bensì la traduzione in volgare in ottava rima delle Metamorfosi, realizzata da Giovanni Andrea dell’Anguillara (Venezia 1561), ristampata più volte nel corso del Seicento. Nel testo dell’Anguillara (ed. 1563, X, f. 176), infatti, ritroviamo non solo il riferimento alla ghirlanda di fiori, donata da Ciparisso all’amato cervo, “[…] Tu [Ciparisso] di fiori, e ghirlande il volto [del cervo] ornato/ talhora al tergo suo premevi il vello […]”, ma anche il passo preciso che racconta l’abbraccio ripetuto del cervo da parte del giovane addolorato ed inconsolabile “[…] Pur ogni suo argomento [di Apollo], ogni conforto/ è scarsa medicina al duolo interno,/ piange [Ciparisso] abbracciando spesso il corpo morto [del cervo]”. Svetlana Alpers (1971) ha cercato di capire se lo schizzo di Bayonne potesse appartenere alla serie di disegni e dipinti realizzati da Rubens nella Torre della Parada, un casino di caccia nella tenuta del Pardo, tra il novembre e il dicembre del 1636, per il Cardinal infante Ferdinando d’Asburgo: la studiosa ha evidenziato come il soggetto, in effetti, potesse essere adatto ad una casina di caccia, ed inoltre ha notato che il carattere dello schizzo era simile agli altri lavori realizzati per quel luogo. La Alpers stessa, tuttavia, ha però rilevato che la grandezza e la forma dello studio non corrispondono a nessuno di quelli realizzati dal Rubens per quella commissione, che la sua qualità è differente rispetto a questi, e che quindi il soggetto non può essere il solo argomento a favore dell’inclusione nella serie, considerato inoltre che quest’ultima non sembra privilegiare temi in relazione alla caccia o agli animali. Tutto ciò ha portato, quindi, l’autrice ad escludere infine lo schizzo dalla serie per la Torre della Parada. Held (1980), invece, ha sostenuto che, se si accetta l’ipotesi che Rubens sia l’autore dello schizzo, bisogna necessariamente includerlo nella serie per la Torre, giacché non è possibile collegarlo con nessun altro suo lavoro. Inoltre, riferendosi al soggetto della composizione, egli ha notato come questo possa benissimo rientrare fra i temi ovidiani dei dipinti per la Torre, ed in particolare fra quelli illustranti uccisioni accidentali o morti, mentre per quanto riguarda le differenti dimensioni dello schizzo rispetto agli altri, egli ritiene che possano ascriversi a ritocchi operati da altre mani.

Elisa Saviani