15: Ciparisso

Titolo dell'opera: Ciparisso

Autore: Theodoor van Thulden

Datazione: 1631-1633

Collocazione: Bruxelles, Biblioteca Reale Alberto I

Committenza:

Tipologia: disegno

Tecnica: matita nera su carta (21 x 20 cm)

Soggetto principale: Ciparisso e il cervo

Soggetto secondario:

Personaggi: Ciparisso, ninfe, cervo

Attributi:

Contesto: campestre

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: 

Bibliografia: L’École de Fontainebleau, Catalogo della mostra tenuta a Parigi, Editions des Musees Nationaux, Parigi 1972, pp.202-203; Léveque J.J., L’École de Fontainebleau, Editions Ides et calendes, Neuchâtel (Suisse) 1984, p. 234; Davidson Reid J., Rohmann C., The Oxford Guide to the Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 318.

Annotazioni redazionali: Si tratta di una copia di una decorazione tratta da un album del Van Thulden, schizzato nel corso della sua visita a Fontainebleau tra 1631 e 1633. Quest’album è tenuto in particolare considerazione dai critici, poiché rende possibile la conoscenza di dipinti che si trovavano a Fontainebleau, oggi dispersi, senza esser stati incisi. In base allo stile di questo disegno, in particolare, si è pensato che l’originale fosse stato realizzato dal Primaticcio degli inizi, anche se non è stato possibile ricostruirne con certezza la localizzazione originaria (probabilmente la Galleria di Francesco I). Nel disegno riconosciamo in primo piano, seduto, un giovane dall’espressione terrorizzata ed afflitta ad un tempo, che si ritrae alla vista di un cervo morto, disteso sul terreno davanti a lui. Egli è contornato da quattro fanciulle colte in diversi atteggiamenti: una si piega verso il cervo, una si dispera, un’altra volge gli occhi al cielo, e l’ultima abbraccia il giovane alle spalle. Il disegno, però, pur essendo particolareggiato nella resa delle figure e dei volti, risulta povero di quegli elementi, di quegli attributi, che solitamente servono a caratterizzare i personaggi, e permettono quindi all’osservatore di riconoscerli. In questo caso, solo la presenza del cervo morto e l’espressione sul volto del giovane, possono suggerirci un rimando al mito di Ciparisso, ossia al giovane cacciatore che uccide per sbaglio il cervo a lui caro, e per questo, volendo soffrire in eterno, viene trasformato in cipresso: mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (X, 106-142). Il tema, assai raro dal punto di vista delle singole opere figurative, aveva conosciuto nel corso del Cinquecento una discreta fortuna nelle edizioni illustrate dell’opera ovidiana. L’autore della raffigurazione, tuttavia, non dovette neppure prendere in considerazione tali illustrazioni: non si tratta, infatti, di una composizione incentrata sui diversi momenti della vicenda di Ciparisso, come accadeva nella maggior parte di esse. Al contrario, ci troviamo di fronte ad una figurazione dal forte impatto emotivo, con il personaggio principale colto in primo piano nel suo dolore: il giovane seminudo, coperto in parte da un mantello all’antica, siede su di una roccia, mordendosi una mano, ad esprimere il forte senso di colpa per l’azione commessa. Ciò che interessava l’autore, quindi, era rendere le differenti reazioni che la morte del cervo poteva aver suscitato nel personaggio principale, come in quelli secondari, ossia nelle ninfe cui l’animale era sacro. L’artista certamente ha voluto raffigurare il momento successivo all’involontaria uccisione del cervo da parte di Ciparisso, ma, poiché ciò che lo preoccupava maggiormente era la resa degli “affetti”, o delle emozioni dei personaggi, ha eliminato qualsiasi accenno all’antefatto, ossia al legame che univa Ciparisso al cervo, che poteva anche essere un modo per facilitare la lettura del mito e dell’immagine, come, del resto, al successivo sviluppo della vicenda. Non vi è alcun riferimento, infatti, alla metamorfosi del giovane in cipresso, ed inoltre non compare Apollo, di lui innamorato, che, costretto ad accettare la sua trasformazione, stabilisce la valenza funebre dell’albero per i posteri. Anche se il fatto che una delle ninfe indichi con una mano il cervo, e nello stesso tempo rivolga lo sguardo al cielo, potrebbe forse voler richiamare la presenza simbolica del dio, messo così al corrente dell’accaduto. Quindi, pur scegliendo di non raffigurare i momenti “classici” del mito, volendo creare un’iconografia originale, l’artista in realtà si mantiene qui abbastanza fedele alla fonte ovidiana, in quanto ripropone comunque i personaggi tradizionali: Ciparisso, il cervo, Apollo e le ninfe (cui il cervo era sacro, “sacer nymphis Carthaea tenentibus arva”, afferma Ovidio).

Elisa Saviani