14: Ciparisso

Titolo dell'opera: Ciparisso

Autore: Jacopo Vignali

Datazione: 1623-1625 ca.

Collocazione: Meise, Coll. J. Plaskie

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (123 x 163 cm)

Soggetto principale: Ciparisso e il cervo

Soggetto secondario:

Personaggi: Ciparisso, cervo, Apollo

Attributi: faretra, freccia conficcata nel collo del cervo (Ciparisso); diadema sulla fronte, collare dorato (cervo); luce proveniente da sinistra (Apollo)

Contesto: bosco

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III. La pittura, catalogo della mostra tenuta a Firenze, a cura del Comitato Raffaello e Seicento fiorentino, Cantini, Firenze 1986, pp. 251-252;Davidson Reid J., Rohmann C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993, I, p. 318.

Annotazioni redazionali: Il dipinto del Vignalipresenta in primo piano, in scorcio, con un forte impatto sull’osservatore, un giovane, caratterizzato come cacciatore dalla faretra davanti a lui, che si piega disperato su di un cervo morto, abbracciandolo, mentre viene colpito da una luce soprannaturale proveniente da sinistra. La presenza del cervo, caratterizzato da un monile sulla fronte e da un collare dorato, e l’atteggiamento di dolore del giovane cacciatore che lo ha ucciso, lasciano intendere che non si tratta di una semplice scena di caccia, bensì di un momento specifico del mito di Ciparisso, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (X, 106-142). Questo mito era stato più volte trattato dagli incisori nelle edizioni illustrate dell’opera ovidiana apparse tra la fine del Quattrocento ed il Cinquecento: tuttavia, la maggior parte di queste raffigurazioni mostravano contemporaneamente diversi momenti della vicenda, in uno stesso contesto, oppure si concentravano sulla fase finale del mito, ossia sulla trasformazione di Ciparisso in albero di cipresso. Qui l’artista, al contrario, si è soffermato su di un momento particolare, solitamente fuso con la metamorfosi in atto di Ciparisso, ed utilizzato soprattutto come antecedente, o meglio come spiegazione di tale metamorfosi: il momento del ferimento e dell’immediato riconoscimento del cervo a lui caro da parte di Ciparisso. Quindi, per quanto riguarda l’atteggiamento del giovane cacciatore, il Vignali non dovette avere nessun precedente figurativo a disposizione, ma è interessante rilevare che neppure Ovidio e la successiva tradizione testuale, da lui derivata, sembrano descrivere questo preciso momento. Solamente in un testo ritroviamo un passo che potrebbe ben adattarsi a questa figurazione: Le Metamorfosi di Ovidio di Giovanni Andrea dell’Anguillara, date alle stampe per la prima volta a Venezia nel 1561, e ripubblicate proprio negli anni in cui venne realizzato il dipinto (Cipfr05). Infatti, in riferimento all’uccisione dell’amato cervo da parte di Ciparisso e al successivo tentativo di Apollo, di lui innamorato, di consolarlo, scrive l’Anguillara: “ […] Tosto che Ciparisso il dardo scorge/ cader su ’l miser cervo, aspro, e mortale/ e dela morte subito s’accorge,/ c’ha dato al viver suo l’iniquo strale,/ in preda al pianto misero si porge,/ et à le strida al ciel fa batter l’ale./ Febo il consola, e prova, ch’un vil danno/ non merta tanto duol, né tanto affanno.// Pur ogni suo argomento, ogni conforto/ è scarsa medicina al duolo interno,/ piange abbracciando spesso il corpo morto […]” (G. A. Anguillara, Le Metamorfosi di Ovidio, Venezia 1624, X, p. 321r). L’artista, pertanto, sembra abbia utilizzato la versione dell’Anguillara delle Metamorfosi ovidiane, come principale fonte d’ispirazione, ma ha apportato anche un’originale modifica, eliminando la presenza fisica di Apollo a fianco del giovane Ciparisso, e lasciando solamente intuire la sua partecipazione al dolore dell’amato, grazie alla luce tagliente ed innaturale proveniente da sinistra, che colpisce il bel cacciatore. La luce, pertanto, diviene qui simbolo del dio del Sole, che nel momento della consapevolezza dell’errore commesso da parte del giovane, può solo compatirlo. Ciparisso, qui, non ha ancora iniziato a trasformarsi, e l’artista non accenna minimamente alla successiva metamorfosi: infatti, ogni parte del corpo del giovane ha ancora aspetto umano. Solo una volta che sia divenuto albero di cipresso, Apollo ne decreta l’eterna valenza funebre, ed assume così un ruolo più attivo. La principale finalità del dipinto, in conclusione, non è di tipo narrativo, ed, in effetti, non si tratta di un’illustrazione a corredo di un testo scritto, quanto di suscitare, attraverso la composizione, la disposizione dei personaggi, i particolari, i colori e soprattutto l’illuminazione, una forte partecipazione sentimentale alla vicenda del giovane cacciatore dell’isola di Ceo.

Elisa Saviani