12: Ciparisso

Titolo dell'opera: Ciparisso trasformato in albero da Apollo

Autore: Antonio Tempesta

Datazione: 1606

Collocazione: Metamorphoseon sive Transformatioum Ovidianarum Libri quindecim Aeneis formis ab Antonio Tempesta Fiorentino incisi, et in pectorum antiquitatisque studiosorum gratiam nunc primum exquisitissimis sumptibus a Petro de Iode anteuerpiano in lucem editi, Anversa

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia (97 x 115 mm)

Soggetto principale: Ciparisso e il cervo

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Ciparisso, cervo

Attributi: lira (Apollo); arco, freccia nel ventre del cervo, fronde di cipresso sulla testa (Ciparisso)

Contesto: campagna

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Bartsch A., Le peintre graveur, Wurzburg 1920, XVII, p. 85; The Illustrated Bartsch 36, Abaris Books, New York 1983, p. 56, fig. 730 (151)

Annotazioni redazionali: Si tratta di una delle incisioni che illustravano le Metamorphoseon sive transformationum ovidianarum libri quindecim, aeneis formis ab Antonio Tempesta florentino incisi […], stampate ad Antwerpen nel 1606, presso Petro de Jode. In primo piano si riconosce Apollo, su di una nuvola, che, con la sinistra sollevata, si rivolge ad un giovane cacciatore, caratterizzato come tale dall’arco ai suoi piedi, che sembra abbia appena ucciso il cervo in secondo piano, e perciò, disperato, si stia trasformando in un albero. La presenza del cervo morto sullo sfondo, e le fronde che si sviluppano sul capo del giovane cacciatore, permettono di riconoscere nella composizione la raffigurazione del mito di Ciparisso, narrato da Ovidio nelle Metamorfosi (X, 106-142). L’iconografia adottata risente delle illustrazioni del mito nelle edizioni volgari delle Metamorfosi, realizzate dalla fine del Quattrocento in poi. Tempesta sceglie qui di raffigurare solamente il momento della trasformazione del giovane cacciatore dell’isola di Ceo in albero di cipresso, alludendo tuttavia, nello stesso tempo, ai fatti precedenti, ed in particolare alla causa della metamorfosi, ossia la morte del cervo sullo sfondo per sua stessa mano. L’artista, quindi, non realizza, come era accaduto nella maggior parte delle precedenti edizioni illustrate dell’opera ovidiana, una composizione di tipo narrativo, perfettamente rispondente alle varie fasi del racconto: fissa, piuttosto, quello che ritiene il momento fondamentale del mito, ossia la morte del cervo e la conseguente trasformazione dell’inconsolabile Ciparisso, che lo ha ucciso per sbaglio, in un albero di cipresso. Ora, risulta interessante il fatto che il titolo originale dell’incisione realizzata dal Tempesta fosse Cyparissus ab Apolline in arborem commutatur, ed, in effetti, sembra che Apollo con la sinistra sollevata verso il giovane ne favorisca qui la trasformazione in albero di cipresso, tuttavia nell’originale ovidiano leggiamo: “[…] Gemit ille tamen munusque supremum/ hoc petit a superis, ut tempore lugeat omni./ Iamque per inmensos egesto sanguine fletus/ in viridem verti coeperunt membra colorem/ et, modo qui nivea pendebant fronde capilli, horrida caesaries fieri, sumptoque rigore/ sidereum gracili spectare cacumine caelum” ossia “[…] Ma Ciparisso non smette di gemere e, come dono supremo, questo chiede agli dei: di poter essere a lutto in eterno. E allora, esangui ormai per il suo pianto infinito, le membra cominciarono a tingerglisi di verde, e i capelli che poco prima spiovevano sulla sua fronte nivea, a farsi ispida chioma, irrigidita, che svetta –gracile in cima- verso il cielo trapunto di stelle”. Perciò, sono gli dei in questo caso a favorire la trasformazione del giovane in un albero sempreverde, il cipresso appunto, che potendo raggiungere età millenaria bene rispondesse alla volontà di Ciparisso di soffrire in eterno per l’uccisione del cervo a lui caro. Apollo, nella fonte classica, cerca dapprima di consolare il giovane da lui amato, ma resosi conto della sua ferrea volontà, non ha altra scelta che quella di accettare la metamorfosi accordata dagli dei a Ciparisso, attribuendo inoltre all’albero del cipresso una valenza funebre. Ora, conferendo invece un ruolo di primo piano alla figura del dio, e suggerendo un suo intervento diretto a favore della trasformazione di Ciparisso, il Tempesta sembra essersi rifatto ad una tradizione testuale di derivazione ovidiana leggermente differente, proprio per quanto riguarda il momento della metamorfosi, voluta da Apollo anziché dagli dei. Una prima testimonianza di questa versione della metamorfosi di Ciparisso è offerta dai Commentarii in Statii Thebaida di Lattanzio Placido (IV, 460), alternativamente datati al IV o al VI secolo d.C.: “[…] Quo tabescente Apollo miseratus eius vertit eum in arborem sui nominis” ossia “[…] Perciò Apollo, giacché si consumava d’amore, avendo compassione di lui, lo trasformò in un albero del suo nome”. L’autore fa, quindi, esplicitamente riferimento ad Apollo come all’artefice della trasformazione di Ciparisso in cipresso. La stessa versione ricompare anche nel Mythographus Vaticanus II (177. Cyparissus), in Symeoni (I ed. 1559), e nell’edizione latina delle Metamorfosi a cura di Johannes Spreng, pubblicata a Francoforte nel 1563. L’artista, pertanto, potrebbe aver utilizzato o il testo di Symeoni o quello dello Spreng, illustrato dal Solis, come fonti per la sua illustrazione. Nelle edizioni volgari dell’opera ovidiana pubblicate tra Quattro e Cinquecento, infatti, non solo viene ripresa fedelmente la versione del mito presentata dall’autore latino, ma, nelle illustrazioni a corredo del testo, Apollo svolge un ruolo marginale, per lo più di compianto per la trasformazione dell’amato giovane. Un’unica eccezione è rappresentata dall’incisione ideata dal Rusconi per le Trasformationi di Ludovico Dolce (1553): in questo caso Apollo, caratterizzato dalla faretra e dall’arco, viene raffigurato in un atteggiamento simile a quello dell’illustrazione del Tempesta, qui con il braccio destro sollevato verso l’amato. Tuttavia le membra di Ciparisso hanno qui già assunto la forma di un tronco d’albero, e prima che il suo volto umano scompaia, Apollo, rivolgendosi a lui, afferma: “Ah […] e tu da me sarai pianto, et altri mai sempre piangerai” [L. Dolce, Le Trasformationi, Venezia 1553 (II ed.), canto XIX (p. 211)]. Perciò, il saluto del dio all’amato ed il suo conferire valenza funebre all’albero di cipresso, rispettano perfettamente non solo il testo del Dolce, ma anche quello di Ovidio, fonte di riferimento dello scrittore rinascimentale. L’originalità della composizione del Tempesta, invece, risiede nel fatto che il giovane Ciparisso ha appena iniziato a trasformarsi in albero, e sembra che tale metamorfosi debba essere messa in relazione con l’entrata in scena di Apollo, come conferma il titolo stesso.

Elisa Saviani